Sembra un secolo fa, era solo il giugno dell’anno scorso quando il Presidente francese Emmanuel Macron offendeva pubblicamente l’Italia come Paese “vomitevole”. Di quale grave colpa di era macchiato il Paese co-fondatore dell’Unione europea agli occhi della Francia?

All’indomani del voto europeo che aveva visto la Lega affermarsi come primo partito in Italia, secondo l’Eliseo la politica del Governo Conte-1 era inaccettabile anzitutto sul fronte migratorio. Il vicepremier Matteo Salvini, che aveva imposto la politica dei porti chiusi, appariva in collisione frontale con la narrazione europea di accoglienza e tolleranza. Altra cosa, già allora, era ovviamente la realpolitik che vedeva i flic francesi manganellare i migranti africani alle frontiere di Ventimiglia o Bardonecchia. Gli Accordi di Dublino, comunque, parlavano chiaro, allora e per sempre: l’accoglienza umanitaria europea dei migranti africani era e restava un preciso dovere dell’Italia (sotto il ricatto finanziario di Bruxelles, puntualmente scattato nel giugno 2019). Altri porti europei – come quello francese di Nizza – restavano legittimamente chiusi (senza che in Francia si levasse alcuna voce di protesta): salvo funzionare da basi di partenza per le Ong che regolavano il traffico dei barconi verso l’Italia nel Canale di Sicilia.



Il fatto che Roma non accettasse più questo “accordo europeo” induceva quindi “vomito” in Europa: a metà 2019. Come poteva esserci al vertice di un governo – pur democraticamente eletto dagli italiani –  un ministro dell’Interno che non la pensava sui migranti come Parigi, Berlino, Bruxelles? Poco male: due mesi dopo Salvini era già fuori da palazzo Chigi e dal Viminale, inseguito dai magistrati di mezza Italia.



Gli successe il Conte-2, nato sulla solenne promessa di riaprire i porti ai flussi dall’Africa, a sua volta fondata sulla promessa di un’effettiva solidarietà europea a un esecutivo “amico”. Com’è andata poi è già agli annali: le frontiere interne europee sono state sempre sigillate mentre quelle esterne italiane verso l’Africa sono state riaperte in violazione sostanziale degli stessi decreti Salvini. E alla fine un migrante islamico sbarcato a Lampedusa ha sgozzato tre cattolici francesi nella cattedrale di Nizza. E questo quattro anni dopo che un altro migrante tunisino e islamico aveva attraversato l’Italia prima di uccidere 12 tedeschi in un mercatino natalizio a Berlino. Nel frattempo la Royal Navy sta respingendo al largo nella Manica i migranti che si avventurano dalle spiagge francesi.

È comprensibile che, stavolta, la reazione di Macron verso l’Italia, sia stata più contenuta: accusare Roma di complicità nell’attacco di Nizza avrebbe superato ogni linea rossa di ipocrisia politica, pur congenita al ruolo. In difficoltà su molti fronti, il Presidente francese sta cercando di fare buon viso a cattivo gioco anche verso chi ha iniziato a mettere in discussione la difesa ideologica della “libera laicità” della vita francese: ribadita anche dopo la barbara decapitazione del docente Samuel Paty. Quest’ultimo, com’è noto, pochi giorni prima dell’attacco di Nizza, ha pagato con la vita l’aver esibito davanti ad alcuni allievi islamici alcune vignette di “Charlie Hebdo” pesantemente satiriche verso l’Islam.

“Non si prendono in giro le religioni”, ha commentato secco l’arcivescovo di Tolosa, Robert Le Gall. “Non mi chiamo Charlie”, ha detto lo stesso arcivescovo di Nizza, André Marceau: anche lui convinto – con tutta evidenza – che cominciare a non offendere l’Islam sia una buona premessa per evitare il dilagare di sanguinosi scontri di civiltà sul suolo europeo. Sono state prese di posizione impegnative, subito infatti oggetto di polemica Oltralpe: soprattutto a valle dell’enciclica “Fratelli Tutti” di Papa Francesco, imperniata fra l’altro sulla Dichiarazione interreligiosa di Abu Dhabi sulla Pace Mondiale. Sembra in ogni caso l’inizio probabile di una rupture politico-culturale: prevedibilmente destinata ad accendere Francia agitata dalla querelle (laica) su una presunta “sottomissione” all’immigrazione islamica.

Il confronto si annuncia comunque vasto e difficile anche fuori dalla Francia. Vista da Vienna – dove nei giorni scorsi alcuni giovani turchi hanno devastato una chiesa cattolica – la vera minaccia all’Europa è quella portata dal vicino ungherese – il sovranista Viktor Orban, sospetto a Bruxelles di violazione dello “stato di diritto” – o quella portata dal “sultano” islamico di Ankara, Recep Erdogan? Quando quest’ultimo spinge migliaia di profughi siriani alle “frontiere esterne Ue” della Grecia, il presidente dell’Europarlamento David Sassoli si affaccia personalmente sul muro eretto da Atene. Quando invece Erdogan manda truppe in Libia e può condizionare il traffico di esseri umani verso la “frontiera esterna italiana”, Sassoli volta – come tutti – la testa dall’altra parte. Ma è vero che è il “governo Orsola” di Roma puntellato dal Pd di Sassoli a volere per primo porti aperti, pur avendo il Conte “1 e 2” perduto ogni residua capacità di manovra in Nord Africa. L’Austria, dal canto suo, appare completamente “sottomessa” a Berlino: no del cancelliere di centrodestra Sebastian Kurz a Salvini e ai suoi porti chiusi, ma no anche all'”accoglienza europea” di M5S e Pd. Panzer al Brennero. 

Nel frattempo, i vescovi francesi – ma non solo loro – sembrano interrogarsi in termini fondamentali sul senso utile di “offendere” tout court: Stati, popoli, comunità religiose, uomini e donne. E questo appare forse l’unico segnale di significativa positività. Nessuno, fra l’altro, aveva ritenuto l’anno scorso meritevoli di eccezione alcuna le offese di Macron all’Italia e al suo Governo. Soltanto perché – con legittimazione democratica – l’allora vicepremier italiano sollecitava l’Europa ad affrontare in termini seri la sfida epocale delle migrazioni. Invece da Parigi gli sono piovuti addosso insulti. E dalla Germania è arrivata a cannoneggiarlo la capitana Carola: subito lasciata libera dai magistrati italiani di riattraversare le frontiere interne dell’Ue dopo aver commesso un atto di guerra contro le frontiere esterne (italiane). Un anno dopo ad essere accolto in Italia per  varcare liberamente le frontiere italiane verso la Francia è stato Brahim Aouissoui. Chissà come lo tratteranno ora i magistrati francesi.