Oggi è la festa nazionale francese: il 14 luglio di 235 anni fa segna l’affermazione storica del principio di libertà ed eguaglianza contro ogni potere non legittimato dalla sovranità popolare. Bene: nel giorno della Bastiglia, il governo francese ha annunciato lo schieramento di 130mila uomini delle forze dell’ordine “contro le forze irresponsabili fomentatrici di disordine”, ha detto il ministro dell’Interno Gérald Darmanin.



Poco meno di un decimo di questo “esercito” di “flics” e gendarmi locali è destinato a presidiare militarmente le strade di Parigi. È l’equivalente di quattro brigate lanciate nelle scorse settimane da Israele contro Rafah, ma in piazza della Bastiglia, oggi, non vi saranno miliziani di Hamas armati di razzi iraniani. Sono invece attesi migliaia di studenti convocati dall’Union étudiante e dall’Union syndicale lycéenne d’intesa con La France Insoumise, guidata da Jean-Luc Mélenchon e fresca vincitrice del voto anticipato francese nel Nouveau Front Populaire. Vogliono premere sul presidente Emmanuel Macron perché assegni l’incarico di formare il nuovo governo a un candidato NFP e ponga fine a cinque settimane di caos crescente, creato esclusivamente dalla sua risposta spregiudicata alla grave sconfitta riportata all’euro-voto.



Sono questi  gli “irresponsabili” parigini – nella Francia profonda saranno magari migliaia di “gilet gialli” vicini al Rassemblement National – contro cui vorrebbe mostrare i muscoli un ministro-fantasma di un presidente battuto. Darmanin fa infatti parte – nominalmente – del governo Attal, spazzato via già un mese fa dalla decisione dell’Eliseo di sciogliere l’Assemblea nazionale. Macron si è poi rimangiato la sfiducia da lui decretata, respingendo le dimissioni del suo gabinetto. Ma il primo a non stare al gioco è stato lo stesso premier Attal, che si è nel frattempo riaccasato come capo dei parlamentari di Ensemble (falcidiati dal voto: oggi macroniani, domani chissà).



La Francia in stato d’assedio il 14 luglio – con le Olimpiadi di Parigi a un passo, col Tour de France sui leggendari colli pirenaici – non fa dunque che intensificare di luce grottesca la più grave crisi politico-istituzionale dal 1945. Neppure il generale Charles de Gaulle, nel 1968, si azzardò a richiamare le truppe corazzate stanziate in Germania (ricollocate lì dall’Algeria decolonizzata) per soffocare il Maggio parigino. E un anno dopo riconobbe che il suo tempo era scaduto e lasciò di sua iniziativa l’Eliseo.

Chissà cosa pensa del caso francese il presidente della Repubblica italiano, formalmente sprovvisto dei poteri di quello francese, eppure privo di esitazioni, pochi mesi fa, nello stroncare presso il ministero dell’Interno l’uso dei manganelli (poche centinaia) contro i cortei studenteschi che – non è mai stato chiaro se  “irresponsabili” o “liberi manifestanti” – stavano portando a Pisa la loro protesta filopalestinese contro luoghi sensibili per l’ebraismo.

Non sarebbe comunque incomprensibile la cautela del Quirinale a censurare Macron e i suoi metodi nell’amministrare la legalità costituzionale in Francia: il presidente francese è legato a quello italiano da un singolare “Trattato di amicizia” siglato al Quirinale nell’autunno 2021. Una mossa preventiva in vista dell’imminente vittoria elettorale del centrodestra in Italia. Tanto che due anni dopo il vero nemico giurato di Giorgia Meloni al tavolo Ue resta il presidente francese. Fallito, assediato e reazionario in patria. Ma sempre narrato al di qua delle Alpi come “valoroso combattente per la democrazia”.

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