“La Ue si assuma una responsabilità per la pace”. E: “L’intolleranza sia bandita dagli atenei” (per la cronaca, anche: “Il ruolo di magistrato sia sempre svolto con autonomia”). Venerdì ha registrato un pieno di “esternazioni” da parte del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Non è stata la prima volta nelle ultime settimane e sempre sugli stessi temi di attualità bollente: la guerra in Ucraina e a Gaza, con i crescenti riflessi interni sulla politica interna e sull’opinione pubblica italiana. Ancora una volta è parso un momento ulteriore di una prassi ormai radicata, benché non sia compito istituzionale del Quirinale pronunciarsi in via così ritmata e incisiva su questioni che attengono il governo di una democrazia parlamentare.



Comunque: la Repubblica italiana vuole “la pace”, anzitutto fra Kiev e Mosca. Il capo della Stato lo ha affermato facendo eco a uno “spirito pubblico” certamente molto diffuso, in tutta Europa. Mattarella ha tuttavia parlato con afflato etico, allorché lo scenario politico-diplomatico attorno alla guerra in Est Europa è a un passaggio complesso delicato. Se Papa Francesco ha fatto risuonare un appello pro pace che ha suscitato lo stesso “scandalo” di quello di Benedetto XV un secolo fa contro l’“inutile strage” dopo tre anni di Grande Guerra, il presidente degli Stati Uniti Joe Biden (cattolico come Mattarella) è alle prese con una sfida di estremo impegno: mantenere il supporto Nato a Kiev nonostante le speranze “controffensive” contro la Russia siano ridotte al lumicino; il tutto all’inizio di un incerto duello elettorale con Donald Trump sul crinale del ritiro isolazionista degli Usa dagli scacchieri geopolitici globali.



Nel frattempo la cronaca internazionale sta registrando un’inedita svolta “guerrafondaia” da parte del presidente francese Emmanuel Macron: il quale – anche secondo i media italiani – avrebbe convinto il cancelliere tedesco Olaf Scholz a superare ogni esitazione nel fornire all’Ucraina armi pesantissime, preparando un non irrealistico confronto bellico diretto fra Ue, Nato e Russia. Il governo italiano, intanto, ha invece colto l’occasione per confermare che non intende scalare verso l’alto il proprio impegno militare diretto, pur rimanendo entro le direttrici strategiche Nato in Ucraina.



È una posizione, quella del governo Meloni, che pare leggibile senza difficoltà: è allineata con quella di “attesa impegnata” da parte Usa e diversa sia dall’improvviso neo-bellicismo di Parigi sia dalla permanente erraticità di Berlino. Italia, Francia e Germania – non diversamente da Oltre Atlantico – stanno dal canto loro avvicinandosi a un appuntamento elettorale di primo livello come il rinnovo del Parlamento europeo e quindi dell’intera governance e agenda Ue: al cui vertice sono questioni come il riorientamento del Recovery Plan e della doppia transizione energetica e digitale (qui con il dossier nucleare e quello dell’Intelligenza artificiale in prima visibilità).

Visto da Roma, colpisce in ogni caso che il firmatario francese del singolare “Trattato del Quirinale” del 2021, di amicizia fra Italia e Francia, sia oggi il portatore di una posizione geopolitica molto divaricata rispetto al “pacifismo” di Mattarella. Senza d’altronde dimenticare che l’atlantista Giorgia Meloni, poche ore dopo il suo giuramento, volle subito incontrare Macron in visita privata a Roma, ospite dell’iper-pacifista Comunità di Sant’Egidio. Il cardinale Matteo Zuppi – il presidente della Cei formatosi in Sant’Egidio – resta nel frattempo il primo inviato del Pontefice per un “cessate il fuoco” al più presto in Ucraina, dove invece Macron vorrebbe ora trascinare l’intera Ue nello scontro bellico con Mosca.

Il fronte di Gaza, dal canto suo, sta mettendo alla prova forse in misura ancora più insidiosa il fianco politico-diplomatico del Quirinale: ancora una volta sul filo di un “semipresidenzialismo di fatto”, con molta evidenza contrapposto al progetto di “premierato” avanzato dalla maggioranza di centrodestra.

Dunque: venerdì Mattarella ha protestato con toni vibrati contro l“intolleranza” che ha impedito al direttore di Repubblica, Maurizio Molinari, di prendere di intervenire all’Università Federico II di Napoli. Molinari avrebbe dovuto presentare il suo volume Mediterraneo conteso. Perché l’Occidente e i suoi rivali ne hanno bisogno. È stato invece contestato in quanto portatore di posizioni giudicate “sioniste”, a favore delle politiche di Israele a Gaza dopo l’attacco di Hamas.

L’uscita del Quirinale – in sé – non ha suscitato alcun stupore o esitazione nell’interpretazione. È parsa difendere in forme istituzionalmente chiare e impeccabili la libertà costituzionale di pensiero e parola, com’era già del resto avvenuto tre settimane prima in occasione dell’energica reprimenda dei “manganelli” usati dalle forze dell’ordine contro gli studenti di Pisa.

È pur vero che in quell’occasione Mattarella pretese tutela, nel merito, per cortei che protestavano contro Israele e a favore dei palestinesi dei Territori: che sostenevano cioè le stesse ragioni degli studenti di Napoli che hanno contestato Molinari. E studenti di molte grandi città italiane, due settimane fa, hanno (liberamente) inneggiato contro la senatrice a vita Liliana Segre – reduce da Auschwitz e impegnata al vertice di una commissione parlamentare contro l’odio antisemita – e anche contro la premier Meloni (per aver inizialmente schierato l’Italia – con Usa e Ue – a favore del diritto del governo Netanyahu di difendere lo Stato ebraico e sradicare la minaccia di Hamas).

Com’era in parte prevedibile, la Presidenza italiana si sta così ritrovando in una posizione complicata: fra posture “pacifiste” anche a Gaza (in quanto tali, critiche con il governo di Gerusalemme e sintoniche invece con la Santa Sede) e pressioni conseguenti l’attesa “controffensiva” della comunità ebraica italiana dopo le manifestazioni pro-Palestina. Un’azione che ha trovato un primo momento formale in una lettera pubblicata proprio da Repubblica a firma di Noemi Di Segni, presidente dell’Ucei, critica contro il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, convinto che a Gaza stia maturando un “genocidio”.

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