Il Comune di Milano ha pubblicato le linee guida dell’Alleanza per l’aria e il clima. Le aziende, mettendo in campo una serie di azioni “green”, possono ottenere un punteggio che a sua volta garantisce l’adesione all’alleanza. Tra le tante azioni con cui le aziende possono ottenere punti ci sono disincentivi per l’uso dell’auto privata dei dipendenti e la ridefinizione dei parcheggi aziendali con incentivi ai mezzi condivisi, oppure la “tariffazione delle aree di sosta aziendali”. Anche la sostituzione di impianti termici, di condizionamento o dei serramenti possono far guadagnare punti. Punti possono essere ottenuti anche con comportamenti virtuosi in azienda come l’uso dell’acqua del rubinetto piuttosto che delle bottigliette di plastica oppure disincentivi all’uso di bicchieri usa e getta per il caffè.
Questi obiettivi, per quanto innocui all’apparenza, impattano la vita delle persone. Pensiamo alle limitazioni imposte alle auto che entrano a Milano che da un lato costringono all’acquisto di un’auto nuova e dell’altro rappresentano un disincentivo alla mobilità dentro e fuori Milano. È stata, tra le altre cose, un’azione assimilabile a una riduzione permanente dell’offerta di case di Milano che contribuisce a spingere al rialzo le quotazioni immobiliari. I limiti “all’uso dell’auto privata”, magari a prescindere da quanto la si usi e da quanto consumi, impongono rigidità che implicano costi; quelli, per esempio, per l’affitto di un mezzo condiviso che è in aggiunta a quelli fissi della macchina famigliare.
Le “piccole” scomodità o perdite di tempo aggiuntive per raggiungere la sede di lavoro non si scaricano equamente; più gli orari di lavoro sono rigidi, tendenzialmente quando i redditi sono più bassi, e più sono pressanti gli impegni famigliari più si alza il costo. Si suppone che un modo per aggirare questi disincentivi sia lavorare da casa, ma, anche in questo caso, la qualità della vita per chi ha disposizione un attico e chi un piccolo trilocale con annessa prole non è la stessa. Anche gli investimenti in nuovi impianti comportano un costo che le aziende, inevitabilmente, cercheranno di recuperare scaricando sui prezzi di vendita.
Il modello di città “green” rischia di coincidere, se non si valutano attentamente le conseguenze, con un modello di città solamente a misura di “ricco” e di “single” in cui chi non ce la fa viene progressivamente escluso non per una volontà deliberata, ma per l’impossibilità di sostenere i costi: quelli dell’auto condivisa, di una casa in una città dove la domanda è strutturalmente superiore all’offerta, dei prezzi che incorporano i costi degli investimenti green oltre a quelli misurati in “tempo”. Una Milano vuota o piena solo di turisti senza macchina e in affitto è sicuramente più pulita e più green, ma questo orizzonte difficilmente può essere considerato un successo.
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