“Il Pakistan è pronto a sostenere gli sforzi per un governo inclusivo in Afghanistan”. La “parlance” diplomatica è intrinsecamente surreale, nei suoi codici tutto è consentito: non di rado a fin di bene geopolitico. Quindi l’ambasciatore pachistano a Roma, Jauhar Saleem, ha fatto il suo mestiere quando ha risposto ieri alle domande di un importante quotidiano italiano, all’indomani della riconquista talebana dell’Afghanistan.
Ha confermato che Islamabad si propone come primo ambasciatore internazionale del “nuovo Afghanistan”, appena liberato dalla lunga occupazione Nato. Ha ricordato che il Pakistan non ha mai interrotto i rapporti diplomatici con i valorosi partigiani islamici in esilio sulle loro montagne. Ha reso onore a “un popolo fiero e indipendente che non si fa comandare: hanno fallito gli inglesi, poi i russi, ora gli americani”. Eccetera. Comunque impeccabile: anche se “funzionalità democratica” e “protezione dei diritti umani” restano lemmi ambigui, da dottor Stranamore.
Se c’è stato peccato – semmai – è stato da parte dell’intervistatrice. Che si è evidentemente dimenticata che appena due mesi fa il suo stesso giornale aveva intervistato lo stesso Saleem su tutt’altra questione: il caso tragico e oscuro di Saman Abbas, la giovane pachistana scomparsa a Novellara in aprile, molto probabilmente assassinata dai congiunti per aver rifiutato un matrimonio combinato nel paese d’origine secondo le usanze islamiche.
Saman – viva o morta – dopo cento giorni non è ancora stata trovata. “Chi sa deve collaborare” ha invocato a mezzo stampa Saleem, in giugno, ma neppure dopo il suo appello qualcuno della comunità pachistana ha collaborato: neppure il cugino di Saman, Ikram Ijaz, arrestato a inizio luglio, a lungo interrogato e tuttora in custodia cautelare. E se l’interrogativo non fosse poco diplomatico verrebbe da chiedersi se la stessa ambasciata pachistana ha in qualche modo collaborato con gli investigatori italiani. Ma la nuova intervista di Saleem chiarisce ora – diplomaticamente – che la visione pachistana dello stato di diritto non è troppo lontana da quella delineata “live” dai nuovi leader talebani di Kabul: la “funzionalità democratica”, la “protezione dei diritti umani” (in particolare quelli delle donne) non possono oltrepassare “il perimetro della Sharia”. Quella che ha condannato Saman. A quanto pare anche alla definitiva “cancellazione” dai media italiani.
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