Caro direttore,

era oltremodo surreale leggere stamattina alcuni importanti columnist basati a Roma raccontare – con stile apparentemente usuale – di una classe politico-istituzionale divisa perfino sull’ipotesi minima di nominare Guido Bertolaso sottosegretario alla Presidenza con compiti di commissario all’emergenza coronavirus. E’ comprensibile che un tecnocrate ricordato per la buona gestione dell’emergenza L’Aquila e consultato anche dagli Usa per la crisi di Haiti si sia subito detto indisponibile: preferendo restare in Sudafrica, luogo oggi più sicuro sul piano sanitario e più stabile su quello politico. Ma per il momento le bizze “churchilliane” del premier Giuseppe Conte e del suo staff sembrano evidentemente mantenere molto ascolto nel reticolo dei palazzi sulle sponde del Tevere.



L’inquilino di Palazzo Chigi – mai eletto – vuol chiaramente continuare a governare con pieni poteri. E se ci sono forti dubbi sul fatto che Conte stia effettivamente “governando” il Paese nella più grave crisi dal 1945, è un fatto che negli ultimi giorni il premier si è mosso quasi come un dittatore, nel silenzio di ogni altro potere dello Stato. E ha aggiunto solo surrealtà un editoriale della Stampa critico sulla presunta disobbedienza dei governatori delle regioni del Nord, additata come prima causa della disruption nazionale in corso.



Se la comunicazione istituzionale da Roma resta esemplare di un grave e palese deficit di governabilità, è comprensibile che nessuno, oltre la Linea Gotica, possa aver prestato attenzione minima a quanto ha detto al Sussidiario.net un leader industriale come Giuseppe Lesce, presidente di Federmacchine. Parlando di “amarezza e frustrazione” di fronte al pannello della Cnn che sabato ha indicato l’Italia come Paese-untore del virus a livello globale, l’industriale romagnolo ha detto: “Se l’avessero fatto a una qualsiasi azienda privata li avrebbero trascinati in tribunale, per ristabilire la corretta immagine e reputazione sul mercato, ma anche per farsi risarcire dei danni”.



E’ un linguaggio forse estraneo a un costituzionalista, ma che certamente non può esserlo per un giurista-avvocato come Giuseppe Conte, ordinario di diritto privato all’Università di Firenze e collaboratore del prestigioso studio legale di Guido Alpa. Difficile che Conte, avvocato d’affari fino al giorno in cui è entrato a Palazzo Chigi, non colga il senso drammaticamente concreto della reazione immediata di un imprenditore del Nord. Per il quale la gestione politica dell’emergenza coronavirus – assai più della crisi sanitaria in sé – si profila fin d’ora come fonte di “danni”, che rischiano di rivelarsi incalcolabili.

Il Pil 2020, originariamente previsto stagnante, è purtroppo già dato in caduta fino al 3%: una sessantina di miliardi. Ma è solo la più aggregata delle macro-cifre con cui il sistema-Paese si troverà a fare i conti: non ultimi gli scrolloni di Borsa da centinaia di miliardi, benché in parte legati alla guerra del petrolio. Chi comunque sopporterà questi “danni”? E’ davvero tutta colpa del virus? O una parte è attribuibile a errori di governance economica, in particolare di comunicazione da parte dell’esecutivo?

Il patron di Tesla, Elon Musk, ha dovuto lasciare la presidenza e patteggiare 40 milioni di multa con la Sec dopo una surreale intervista in diretta tv, fumando marijuana. E sempre negli Usa 36 cittadini di fede musulmana non hanno avuto timore di promuovere una class action contro l’amministrazione Trump (in particolare contro la Homeland Security) per danni subiti dal cosiddetto “muslim ban”, pur validato dalla Corte Suprema.

La politica è un’altra cosa? In Borsa, quando i grandi investitori non riescono a cacciare un top manager incapace e pericoloso, cominciano a vendere e il titolo crolla. In gergo finanziario si dice “votare coi piedi”. Lo stanno già facendo da fuori Italia: non solo in Borsa. Sell Italy. Il Ceo dell’Azienda-Italia non ha mai nulla da dire su quello che (non) fa? (E il Chairman?).