Secondo il commissario europeo per gli Affari economici, “il quadro generale” dell’impatto della guerra in Ucraina sull’economia europea “non dovrebbe essere descritto come” quello di “una recessione in arrivo”. Per il commissario Gentiloni “ovviamente ci sono dei rischi, ma c’è anche molta energia nella nostra economia per mantenere un livello di crescita”, seppur “molto ridotto”. Non è chiaro a chi si rivolga il commissario quando invita a non descrivere il “quadro generale” come una “recessione in arrivo”, eppure gli ingredienti di questa recessione sono già tutti all’opera. Alcuni segnali, come il crollo delle immatricolazioni auto o la scomparsa del surplus commerciale tedesco, sono già emersi. L’inflazione ai massimi degli ultimi 40 anni invece ha appena iniziato a colpire i consumi sia perché i suoi effetti sulle famiglie sono emersi da poche settimane, sia perché le decisioni prese in questi giorni, per esempio in termini di sanzioni con la Russia, non hanno ancora avuto effetti.
Le banche centrali si apprestano a rialzare i tassi e la Fed a ridurre il proprio bilancio; i tassi sui mutui, in Europa e in Italia, sono appena cominciati a salire ma l’accelerazione è sostenuta. In uno scenario di salari al palo le famiglie saranno obbligate a fare delle scelte e a tagliare le spese più discrezionali. Non siamo in presenza di una progressione lineare; si pensi che la catena Aldi lunedì in Germania ha alzato i prezzi su 400 prodotti fino al 30%.
I maggiori quotidiani danno conto delle difficoltà delle imprese a tenere il passo con i costi energetici e la mancanza di componenti per il peggioramento delle catene di fornitura globale. Questo è al netto della decisione di ieri di sospendere le importazioni di carbone e di quelle future, possibili, sullo stop all’importazione di gas. Significa che le imprese europee faranno competizione a imprese che invece avranno benzina, gas ed energia scontate dato che, giusto o sbagliato che sia, due terzi del globo continua non solo a commerciare con il più grande esportatore di materie prime al mondo, ma a farlo “con lo sconto”.
Mohamed El-Erian, uno dei maggiori economisti globali, lo scorso weekend dalle colonne del Financial Times si interrogava sulla misteriosa resilienza dei mercati azionari di fronte agli ostacoli che si stanno palesando. Non si dava una risposta e si limitava a manifestare lo stupore per questa dissociazione tra realtà e l’apparenza dei listini. È lo stesso stupore per la dissociazione tra la realtà che si sviluppa sotto i nostri occhi che non deve essere descritta come “una recessione in arrivo” che pure è una previsione alla portata di tutti. In fondo anche la tesi della transitorietà dell’inflazione è stata mantenuta come previsione “ufficiale” ben oltre qualsiasi ragionevolezza fino a lambire il ridicolo. È stata mantenuta per tutto l’autunno del 2021 nonostante a settembre il prezzo del gas in Europa fosse sei volte quello di gennaio e moltissime altre materie prime fossero ai massimi di sempre.
Oggi l’inflazione non è più transitoria anche nella “narrazione ufficiale”, ma di fronte a uno scenario che ammazza il potere d’acquisto delle famiglie e la competitività delle imprese europee ci sarà comunque “crescita”. Eppure la situazione dovrebbe essere comprensibile nella sua gravità a tutti anche a chi non ha mai aperto un libro di economia.
Ci sono delle parole che evidentemente sono tabù o sono ancora tabù prima che si palesino come se fossero scoppiate improvvisamente. Forse non si deve “creare il panico” per non peggiorare la situazione. Forse si deve contenere l’opposizione a sviluppi che sono particolarmente negativi per famiglie e imprese iniettando dosi di anestetico sotto forma di ottimismo senza senso. Come si pensi di contenere le conseguenze sociali è il mistero che fa il paio con quello di cui non si capacita El Erian a proposito dell’andamento dei mercati.
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