Roberto Saviano invoca la cancellazione del debito sanitario della Regione Calabria. Lo fa su Repubblica, dove cinque giorni prima David Sassoli ha lanciato la suggestione di un colpo di spugna sulle quote di debito pubblico degli Stati dell’Eurozona accumulate dalla Bce. Al presidente in carica dell’Europarlamento ha già risposto la numero uno della Bce, Christine Lagarde, bocciando l’ipotesi come “illegale”. Tecnica e politica la reazione (negativa) del ministro dell’Economia italiano Roberto Gualtieri: compagno di partito (Pd-Pse) di Sassoli ed ex presidente della commissione per i problemi economici e monetari dello stesso Parlamento Ue. Decisamente politico il no espresso a stretto giro da Nicola Zingaretti, leader del Pd. Chi e come risponderà ora a Saviano, altro illustre italiano espatriato (a New York)?
Premessa: nessuno sa più esattamente a quanto ammonti il debito sanitario della Calabria, comunque superiore a un miliardo. Solo pochi giorni fa la Corte dei conti ha ripetuto di rilevare “gravi criticità” nel bilancio della Regione, in particolare nella sua sezione sanitaria. Ma sono anni che i magistrati contabili denunciano come la finanza regionale calabrese sia fuori controllo e i suoi conti sostanzialmente inattendibili. E a pesare non sono solo i debiti verso fornitori (caricati di interessi di mora in aumento), ma sono anche cresciuti i crediti mai ripagati per prestazioni. Fra partite patrimoniali e correnti sospetti di contagio della malavita organizzata sulla sanità calabrese sono ovunque. Soprattutto: non è detto che rifiutare di pagare i debiti pregressi sia la terapia giusta.
Con il pretesto di portare sollievo ai cittadini-contribuenti-utenti, la dichiarazione di una sorta di “default populista” suggerita da Saviano farebbe venir meno lo stato di diritto su molti fronti. Lo Stato auto–scioglierebbe una sua parte da un obbligo giuridico basilare in un’economia di mercato: caricando su aziende sane (si suppone almeno in parte…) gli oneri della rinuncia a esercitare la propria autorità legale e della propria incapacità di gestire con efficienza la pubblica amministrazione. E verrebbe cancellata la responsabilità politico–amministrativa di chi quel debito ha accumulato, anche per non perdere consenso presso un elettorato che sarebbe scorretto considerare sempre e comunque ignaro dell’operato dei propri amministratori eletti.
In un caso neppure troppo micro rispetto a quello sicuramente macro dei debiti statali europei, l’impennata anti-fiscale di Saviano sembra rientrare nello stesso orizzonte politico finanziario di M5s: che nel 2018 ha conquistato il voto di un italiano su tre (anche in Calabria, principalmente al Sud) promettendo il reddito di cittadinanza senza preoccupazione alcuna per l’evidente chiara rotta di collisione con i parametri di stabilità finanziaria. Preoccupazioni che invece la Commissione Ue, anche in questa fase eccezionale, ha puntualmente richiamato negli ultimi giorni in sede di primo esame della manovra italiana 2021.
Colpisce comunque che a farsi portavoce di un neopopulismo anti-europeo originato dal Meridione italiano sia uno scrittore fondamentalmente legalitario come Saviano, apparentemente lontano da ogni “masaniellismo” eversivo, come del resto è lecito attendersi da chi è ormai parte dell’establishment liberal della East Coast statunitense. Quell’élite politicamente corretta che attende ora di vedere Donald Trump a processo per evasione fiscale e che spinge Joe Biden a inasprire la pressione tributaria per finanziare di più la sanità pubblica Usa. Quindi, massima fiducia in una sana democrazia istituzionale (anzitutto in quella incarnata dal potere giudiziario), niente scorciatoie demagogiche, niente “stati d’eccezione” a giustificazione di strappi e rotture della legalità di mercato. Così vanno le cose negli Usa dal 1776. Come vanno le cose nei Paesi dove governano le forze liberal-progressiste – quelle che Saviano sostiene, ricambiato – e non quelle populiste, pronte a “superare la democrazia capitalista”.
Di Sassoli negli ultimi giorni è già stato scritto molto. E il succo della sorpresa negativa di molte voci non è diverso da quella che può riguardare Saviano, anzi. L’ex giornalista romano della Rai è stato issato al vertice del Parlamento europeo da Stati, forze politiche e leader del legittimismo europeo: da Ppe, Pse, Ald, da Francia e Germania, da Angela Merkel, da Emmanuel Macron e dalla tecnocrazia di Bruxelles nel quadro della “resistenza” all’avanzata delle forze sovraniste all’ultimo voto Ue. Sassoli è stato la concessione-pegno all’Italia (dell’ex presidente Ue Romano Prodi) perché ricacciasse all’opposizione la Lega: che proponeva di abbassare le tasse in Italia per favorire la ripresa, ridiscutendo con la Ue i parametri di Maastricht. Poco più di un anno dopo è lo stesso Sassoli a farsi paladino di una “sovversione del debito” in una fase delicatissima di sviluppo del Recovery Plan, osteggiato in via tattica da Polonia e Ungheria, ma sempre in via strategica dai Paesi frugali del Nord Europa. Nell’Italia della “coalizione Orsola” c’è chiaramente qualcosa che non funziona. Forse dall’inizio. Forse tutto.
P.S. Non è chiaro – nello “schema Saviano” – se la moratoria del debito della sanità calabrese imporrà anche a Emergency di fornire servizi gratis. Quel che è certo è che l’accordo raggiunto in via breve fra Gino Strada e la Protezione civile (dunque la Presidenza del Consiglio) appare quanto meno opaco sul piano del rispetto delle normative sugli appalti pubblici. Una battaglia – quella della trasparenza negli appalti – condotta fino all’anno scorso all’Anac da Raffaele Cantone, il magistrato assurto alle cronache per il suo impegno nella terra dei Casalesi, teatro narrativo di “Gomorra”. Ma Cantone e Saviano non sono più amici già da molti anni.