Cherchez les femmes, è il grido di battaglia con cui il nuovo segretario si presenta al mondo, preferendo exploit propagandistici per rintuzzare, nei suoi auspici, le divisioni, e rinfocolare lo spirito di partito. Mah.
Il voto ai sedicenni, sono tornato per vincere, le donne capigruppo, che pare uno zuccherino per farsi fuori due pezzi grossi e infilare personalità più docili e grate al loro mentore. E’ proprio lì il problema di una sinistra che da anni si nutre e ci nutre di belle parole, e poi razzola male, sdegnosamente lontana e sprezzante dalla realtà: che non è sempre rosea, inclusiva, integrata, multi e multi, ma va capita e amata com’è, per poterla accompagnare al cambiamento, non dileggiata e guardata con sdegno
Le donne nella politica, come in qualunque ambito, soprattutto nei posti di comando, sono un tema sicuramente urticante e attuale: perché convintamente meritocratici, dobbiamo chiederci perché sono ancora poche, perché contano meno, perché hanno meno soldi e potere. Dal vertice, a cascata, è un piano inclinato su cui la famosa parità di genere scivola via, e chi s’è visto s’è visto.
Ma non è imponendo quote e nomi graditi al capo (toh, un capo, non una capa) che la si affronta, muovendosi come un elefante in cristalleria nel seno di regole parlamentari che escludono l’invadenza di un segretario di partito. Se lo spirito è puro, e le intenzioni limpide, perché non suggerire una donna nella delegazione a Bruxelles? Perché non rifiutare la nomina a segretario, per favorire una segretaria? Perché sui nomi in ballo per la guida di grandi città lo stesso segretario sta trattando su nomi di soli uomini? Imporre due personcine d’area a capigruppo significa ancora una volta umiliare le donne, scelte per genere e non per bravura, ridotte a riserva da cui pescare per ripulirsi la faccia, mettersi mostrine sul petto.
Deputate e senatrici Pd, rifiutate di essere usate ancora una volta da uomini per risolvere beghe tra uomini, e occupatevi di qualcosa di più serio. Ad esempio, c’è una collega che da anni sventola la bandiera del femminismo e con toni da invasata rimbrotta la lingua italiana per affermare la parità uomo-donna (lei preferirebbe il dominio delle donne, è più nel suo carattere) e poi maltratta la colf, per giunta straniera, e le collaboratrici. Si sa, è più facile che un cammello entri nella cruna di un ago che un ricco… non sveli la puzza sotto il naso con cui è cresciuto.
Ecco, la sinistra dovrebbe ricordarsi che nasce – con tanti difetti e peccati, a nostro avviso – immersa nei bisogni della gente, la più semplice, umile, ignorante e misera. La classe operaia c’è ancora, anche se non gira più viti alla catena di montaggio. Le colf e tanti precari e portaborse ne fanno parte. Bisogna applaudire chi prende coscienza dei propri diritti e chiede giustizia e risarcimenti, tanto più se è donna. Peccato indignarsi preparando note per giustificarsi, ancora una volta con sdegno.
Popolo è diventata una parola sporca, che usano quei cattivoni dei sovranisti, ma gioverebbe ricordarsi della sua essenza: meno mosse da illusionisti, anche se in rosa, e più concretezza. Le donne non ne possono più di essere prese in giro da chi le interpreta per propri fini.