Caro direttore,
quando la campagna elettorale sta entrando nel vivo con la chiusura delle liste, Avvenire – il quotidiano dei vescovi italiani – ha scelto di aprire la prima pagina con un’ampia intervista al leader M5s Giuseppe Conte. Con un titolo netto, di importante merito politico: “Ora basta armi”.

Il nodo delle forniture di armi italiane all’Ucraina è stato il motivo della frizione recente fra M5s e il premier Mario Draghi: andata in escalation fino alla (controversa) decisione di Draghi di dimettersi dopo un’astensione parlamentare dei pentastellati. Negli ultimi giorni, intanto, prima il Papa personalmente di ritorno dal Canada e poi il segretario di Stato Pietro Parolin, in un’importante intervista a Limes, hanno rialzato i toni della preoccupazione della Chiesa per “la terza guerra mondiale a pezzi”, con la condanna ribadita di ogni proliferazione militar-industriale. Ed è su questa “agenda” che il Papa sta preparando una cruciale trasferta in Kazakistan, prodromo a un sempre più probabile viaggio a Kiev. Questo dieci giorni prima del voto politico in Italia.



È su questo sfondo che Avvenire non fa mistero di una chiara attenzione per un leader e per una forza politica esplicitamente critici verso il bellicismo della Nato a trazione Usa, ora in diffusione contagiosa dall’Ucraina fino in Asia. E nell’occasione il quotidiano diretto da Marco Tarquinio rammenta la simpatia con cui ha sempre guardato a Beppe Grillo. Al suo antagonismo populista, talora apertamente sintonico con il magistero di Papa Francesco: com’è stato nel plauso di Grillo alla proposta del “reddito universale” lanciata dal Pontefice nella Pasqua 2020.



Ora i vescovi, orientati alla scadenza elettorale, sembrano però interessati principalmente a Conte: oggi leader apparentemente incerto di un partito indebolito e dilaniato. Ma forse una prima motivazione sta proprio qui. M5s si è “depurato” dalla secessione di Luigi Di Maio: un politico del Sud, area certamente baricentrica nella Chiesa italiana odierna; interprete tuttavia – da ministro – prima di un progetto di decrescita puramente assistenzialista, poi di un filo-atlantismo acritico nella crisi geopolitica. Lo stesso sfrangiamento “a sinistra” delle ali più arrabbiate del grillismo – incarnate da Alessandro Di Battista – pare paradossalmente restituire forza al “contismo”: cui la Chiesa italiana aveva esplicitamente agganciato il “laboratorio” di Assisi 2020, poi incapace però di partorire un “nuovo partito cattolico”. Questo aveva come sponsor principale la Comunità di Sant’Egidio dell’ex ministro montiano Andrea Riccardi, l’unico movimento ecclesiale risparmiato da una lunga serie di commissariamenti decisi dalla Santa Sede.



Alla vigilia di Assisi 2020 – poi quasi cancellata per la pandemia – Conte era al suo zenit di due volte premier, pur non avendo mai affrontato alcune consultazione elettorale, né essendo iscritto ad alcun partito. Nel suo primo governo era stato garante-notaio della maggioranza fra M5s e Lega, usciti vincitori dal voto 2018, fatale per il Pd di Enrico Letta, Matteo Renzi e Paolo Gentiloni. Ma proprio Conte era stato poi il protagonista del “ribaltone” che nell’estate 2019 ha espulso Matteo Salvini dal governo per rifare spazio al Pd, sotto lo sguardo del presidente “dem” Sergio Mattarella e il favore aperto degli Usa di Donald Trump e della Ue a trazione franco-tedesca.

Il “partito di Conte” – che ha parlato di sé come di un “cattolico democratico” formatosi fra l’altro a Villa Nazareth – sembra dunque compendiare molte caratteristiche attraenti per un episcopato italiano oggi riallineato sulla pastorale del Pontefice. In particolare: al di là degli strappi maturati in questa fase preliminare del passaggio politico, un “nuovo M5s” può rivelarsi utile a frenare un travaso di voti populisti verso il centrodestra (in particolare verso FdI); nonché – pur in ipotesi poco probabili – alla formazione di maggioranze diverse dalla coalizione FdI-Lega-FI che pare preconizzata a governare il Paese.

L’attenzione “contiana” della gerarchia ecclesiale nazionale sembra fra l’altro rivelare una titubanza di fondo per un Pd molto tormentato, nella cui agenda le questioni cattoliche restano pallide o problematiche (come il ddl Zan). Ma soprattutto: Letta – almeno al momento – ha fatto propria l’“Agenda Draghi” (a sua volta ricalcata sull’“Agenda Biden”, altro governante cattolico che ha dato parecchie delusioni alla Santa Sede). Nuova guerra fredda e controllo puramente tecnocratico dell’inflazione (su cibo ed energia) seguita alla crisi geopolitica: non è certo l’“Agenda Francesco”.

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