Silvio Berlusconi si è reso protagonista di un ennesimo gioco di brusche virate politiche. Pochi giorni fa aveva aperto al Pd su un possibile aggiustamento della maggioranza di governo, ventilando poi in autonomia la partecipazione di Forza Italia agli Stati generali dell’economia indetti dal premier Giuseppe Conte. Alla stretta, ha preferito riallineare Fì con il centrodestra nel respingere l’invito a Villa Pamphili. Ad Antonio Tajani, il reggente del “partito del Cavaliere”, Matteo Salvini e Giorgia Meloni hanno concesso l’annuncio di un solo margine di manovra: la prospettiva di un summit a palazzo Chigi sul piano Colao. Opzione in sé trasparente e ineccepibile: no all’ennesimo strappo di un Premier ormai “a-costituzionale” (copyright Sabino Cassese); sì, in linea di principio, alla logica di “coesione nazionale” costantemente invocata dal Quirinale.
Ad alcuni osservatori la mossa di Berlusconi è sembrata avere comunque motivazioni più specifiche. L’agenda ufficiosa degli Stati generali preannuncia anzitutto la partecipazione – in collegamento video – del presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen. A “Orsola” non è stato evidentemente possibile dir di no a Conte: il cui “tradimento” dell’allora maggioranza giallo-verde in Italia fu decisivo, un anno fa, nel parto travagliatissimo del nuovo organigramma Ue. Senza i voti M5S mercanteggiati nell’ombra da Conte, von der Leyen – non sostenuta neppure dalla cancelliere Angela Merkel, sua leader nella Cdu/Ppe – non avrebbe mai superato i primi scrutini al Parlamento europeo, oltretutto presieduto dal debole Pd/Pse italiano David Sassoli.
Resta il fatto che una presidente di Commissione di espressione Ppe (successora in linea retta a Bruxelles anche del democristiano italiano Romano Prodi) confermerà pubblicamente una partnership politico-istituzionale con il Premier italiano due volte designato da M5S. Nessuna sorpresa che Berlusconi, leader dell’unico grande partito italiano ufficialmente affiliato al Ppe, abbia declinato l’offerta di una poltrona di fila in platea a Villa Pamphili: per Tajani, ex presidente Ppe dell’europarlamento.
La cronaca non fa mancare peraltro suggestioni diverse, puntualmente legate alla costitutiva natura “binaria” del Cavaliere: premier emerito nel suo Paese, ma anche uomo d’affari in servizio permanente effettivo su scala internazionale. E a dispetto di una visibilità politica tanto insistente quanto virtuale, non vi sono dubbi che la priorità d’agenda personale per Berlusconi sia oggi per la trasformazione di Mediaset in “campione europeo” della televisione generalista.
Il progetto Mfe – con il trasferimento in Olanda della holding – è imperniato in misura importante sulla scalata in ProSiebenSat1. Ebbene, giusto mercoledì, l’assemblea annuale dell’emittente tedesca si è risolta in una doccia fredda per Mediaset, che pure è oggi il primo azionista con il 24,5%. Il Ceo Rainer Beaujean ha apertamente escluso ogni “discussione strategica” con il Biscione: nonostante il Cfo italiano, Marco Giordani, abbia rinnovato su Der Spiegel il forte interesse ad allargare a ProSiebenSat1 il progetto Mfe. Per ora, tuttavia, in Baviera (la roccaforte della Cdu-Csu dove ha sede ProSiebenSat1) le porte sembrano chiuse per il tycoon italiano. E il “feeling” resta scarsissimo nonostante la linea e il mercato (Svizzera e Austria comprese) siano sulla carta molto omogenee con l’ispirazione politico-editoriale di Mediaset.
Chissà che il ritorno all’opposizione in Italia di Berlusconi non nasconda anche la delusione riservatagli da Angela Merkel, che pure di tanto in tanto lo accredita come “vecchio saggio” del Ppe. Al Cavaliere dev’essere spesso parsa una sorta di polizza d’assicurazione esterna, complementare a quella garantitagli ininterrottamente dal Pd in Italia: soprattutto da quando l’ex amico francese Vincent Bolloré si è trasformato in pericoloso nemico. Ma ora il Pd “sempre-prodiano” è apertamente filo-francese. E il punto di riferimento dell’Europa di “Orsola” sembra essere Conte: perché è al Premier in carica che – salvo colpi di scena – verranno concessi gli aiuti per la ricostruzione.