L’Antitrust ha aperto un’istruttoria contro Poste Italiane per presunto abuso di vantaggio competitivo esclusivo sul mercato dell’energia. Il gruppo – finora controllato al 65% dallo Stato (Mef e Cdp) – avrebbe negato ad alcuni produttori concorrenti l’accesso al proprio canale PostePay allorché le stesse Poste hanno avviato il marketing di Poste Energia, cioè della fornitura di elettricità e gas.
I due concorrenti autori della denuncia all’Autorità – secondo indiscrezioni non smentite – sono A2A e Iren: due fra le maggiori utilities italiane, controllate entrambe da Comuni e altri soggetti pubblici locali. I due gruppi (quotati in Borsa come Poste) si sarebbero mossi già nella prima metà del 2023, anche se l’Antitrust ha deciso di formalizzare l’istruttoria solo ora: poche settimane dopo, anzitutto, che il Governo ha annunciato l’intenzione di collocare sul mercato una seconda tranche di Poste, proseguendone la privatizzazione. Per questo è inevitabile stiano sorgendo ennesimi sospetti di un’iniziativa – anche – “a orologeria politica”: pur ovviamente nell’attesa di seguire la piena lavorazione di merito della “querelle” da parte dell’authority (al centro vi sarebbe il ruolo della rete postale come “servizio pubblico”).
Un primo interrogativo può riguardare il ruolo dell’Agcm. Il Presidente in carica dal 2019 è Roberto Rustichelli: un magistrato, destinato sulla carta a rimanere al suo posto fino al 2026. È stato designato – come prescrive la legge per gli organismi indipendenti di vigilanza e garanzia – dai presidenti di Camera e Senato: allora Roberto Fico (M5S) e Maria Elisabetta Casellati (Fi). Non è stato un processo del tutto liscio.
Rustichelli, fino ad allora presidente di sezione del Tribunale delle imprese di Napoli, era stato in passato nel gabinetto del ministero delle Attività produttive e quindi consigliere della presidenza del Consiglio nel Berlusconi-2. Cinque anni fa ha ottenuto il necessario collocamento fuori ruolo da parte del Csm solo a maggioranza, con fratture frastagliate e politicamente sensibili nel “plenum”. Nel periodo in cui stava deflagrando il “caso Palamara”, hanno votato contro Rustichelli i togati di sinistra di Area e di Autonomia & Indipendenza (fra questi Piercamillo Davigo). Astenuti sulla decisione sul candidato Presidente Antitrust – ritenuta non conforme alla “legge Severino” sulle compatibilità negli incarichi pubblici – sono stati i “laici” M5S e i leghisti, oltre al Pg della Cassazione. A favore si sono detti i togati delle correnti moderate del Csm (Magistratura Indipendente e Unicost), i laici di Fi e il primo Presidente della Cassazione. È stato un passaggio che gli osservatori si ritrovano ora a traguardare sul quadro politico-istituzionale attuale, evoluto nel frattempo molte volte.
Può risultare opinabile – ma certo banale – anche l’esito di uno sguardo focalizzato sugli assetti proprietari di A2A e Iren. Della prima sono co-azionisti di controllo (con due quote del 25%) i Comuni di Milano e Brescia. Della seconda sono grandi soci i Comuni di Genova, Torino, Parma e Reggio Emilia. Fra i sei sindaci, cinque sono di centrosinistra, mentre quello di Genova è un “indipendente di centrodestra”: votato principalmente da una lista civica personale e da un’altra promossa dal Governatore ligure Giovanni Toti, ex giornalista Mediaset, ex coordinatore nazionale di Fi, poi battitore libero centrista.
Guardando principalmente ad A2A, comunque, è difficile escludere del tutto un gioco competitivo non solo sul mercato energetico ma anche su quello politico: di possibile disturbo – se non di “speronamento” – del collocamento Poste in cantiere presso un Governo guidato dalla leader di Fdi e con al Mef il ministro leghista Giancarlo Giorgetti. E, almeno in termini oggettivi, A2A e Iren si ritrovano a remare contro Poste in parallelo alle organizzazioni sindacali notoriamente contrarie alla privatizzazione, sebbene in forte difficoltà su vari fronti (a cominciare dal caso Stellantis, ancora fra Stato e mercato).
Nel frattempo è già risultato evidente come ogni sortita del Pd nazionale contro l’operazione Poste sia a rischio autogol, ai limiti del falso ideologico: è stato infatti l’Ulivo prodiano a predicare e soprattutto praticare il vangelo delle privatizzazioni negli anni ’90 del secolo scorso. Ed è stato il Governo Renzi ad avviare la privatizzazione delle Poste nel 2015: senza che si rammentino opposizioni politiche, sindacali, mediatiche. Allora il futuro Sindaco di Milano era super-manager dell’Expo: il contrario di un pasdaran della resistenza di Stato ed enti pubblici (tutti indebitati) nel controllo di aziende che operano in libera competizione sul mercato.
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