A sorpresa – ma neppure troppo – Matteo Salvini è stato accolto in un club molto particolare: gli intervistati da “Lunch with FT”, forse il format giornalistico più snob del pianeta. In cui il contenuto conta fino a un certo punto e quasi mai fa notizia (anche il leader della Lega non ha detto nulla di nuovo o di speciale).
La notizia è che il giornale dell’establishment globale ritiene l’intervistato – in un certo momento – un soggetto interessante per una lettura del fine settimana o nella lounge di un aeroporto internazionale. Uno da tener d’occhio. Soprattutto: uno con cui si può uscire a pranzo.
Le regole del gioco, sulla terza pagina del supplemento Weekend del quotidiano londinese, sono semplici: è il giornalista di FT a farsi invitare a pranzo, è l’intervistato a scegliere il posto. Salvini ha portato il corrispondente da Roma Miles Johnson in una terrazza sopra Piazza Navona. Conto totale da 150 euro (“con 50 euro di sconto” registra il tabellino d’ordinanza, la prima cosa che tutti vanno a leggere) per antipasti, tartara di tonno, mezze maniche alla Norma, frittura di pesce, dessert, espresso, acqua minerale e calici di vino.
La settimana scorsa, a un giapponese di Londra (90,23 sterline) si è seduto Edward Bonham Carter, gestore-guru dell’hedge fund Jupiter, a parlar di criptovalute. Due settimane prima, il sabato d’avvio degli Europei di calcio, una delle penne di punta di FT, Simon Kuper, aveva pranzato con Zvonimir Boban in un ristorante tipico di Zagabria: a traguardare – fra vini locali molto stagionati – la finalissima di Londra e a chiacchierare del pasticcio SuperLeague. A fine ottobre scorso, fra un lockdown e l’altro e poco prima dell’annuncio del divorzio dalla moglie Melinda, Bill Gates ha scelto per sé un cheeseburger e una Coca-Cola in un albergo di Seattle poco lontano dalla sua mega-fondazione, per raccontare a FT cosa ha imparato dalla prima ondata di Covid. E così via.
Pochi e assortiti gli italiani negli ultimi due decenni: Luca di Montezemolo e Diego Della Valle, il fondatore di Yoox Federico Marchetti e la sindaca anti-ndrangheta Elisabetta Tripodi, il banchiere Andrea Orcel e l’allenatore Carlo Ancelotti, entrambi ben conosciuti a Londra; Lapo (e non John) Elkann e Dolce & Gabbana; Umberto Eco e Roberto Saviano. Senza dimenticare, ovviamente, Beppe Grillo: sei anni fa, nel luglio 2015, in un Golf Club di Cala di Volpe.
Ecco, la prima chiave di lettura del “Lunch with Salvini” appare banalmente questa: la City scommette sul fatto che il leader della Lega possa assumere un ruolo importante nell’Italia del dopo-Covid; esattamente come aveva messo nel proprio mirino Grillo tre anni prima del trionfo elettorale di M5s (pur con Matteo Renzi all’apice della sua parabola). Ora come allora non si tratta di un vero e proprio endorsement: piuttosto del riconoscimento – sempre variabile nell’intensità e nei toni – che a una leadership politica emergente in un’economia di mercato europea è bene prendere le misure. È opportuno parlarci prima che imbracci il timone di un cabinet.
A differenza di Grillo, tuttavia, Salvini non è stato invitato a pranzo sulla cresta dell’onda elettorale: sono già trascorsi due anni dal travolgente successo interno all’eurovoto e da allora la Lega ha perso nei sondaggi quasi un terzo di quello score. Giorgia Meloni, sulle colonne del Corriere della Sera, rivendica in questi giorni la leadership del centrodestra italiano e il diritto di governare l’Italia senza più obblighi di “esami del sangue”. Eppure FT, nel luglio 2021, spende un lunch con Salvini. Perché?
Forse è sufficiente leggere per esteso la titolazione, parola per parola: “Matteo Salvini ‘Gli italiani non ci voterebbero se fossimo estremisti’ / Il politico populista sul suo lavoro con Draghi, sulla sua posizione dura sui migranti e sulla sua conversione europeista”.
Non manca nulla: il capo della Lega resta un “populista” ma “lavora con Draghi” (forse anzi, fra le righe: è il politico con cui finora ha lavorato meglio il premier italiano, storico beniamino di FT). Poi: “lavorando con Draghi” ha cominciato a “credere nell’Europa”, cominciando a liberarsi del virus sovranista (quello che lo ha già portato a essere vicepremier, ma senza diritto di lunch con FT). Sui migranti mantiene una posizione di fermezza: ma vista da Londra (o “dall’Europa”) non è così drammatica come vista da Roma. Comunque Salvini vincerà o no le prossime elezioni? Il virgolettato è una sintesi perfetta fra una sorta di promessa-impegno del leader e una compassata raccomandazione di FT: la Lega sarà competitiva se riuscirà a convincere gli italiani (ma anche i leader europei e i banchieri e giornalisti di Londra) che non è (più) una forza “estremista”.
Salvini mostra di essere ben cosciente che – ai fini del voto 2022 o 2023 – i sondaggi odierni sono forse più importanti dei risultati 2018 e 2019. Lo dice a un giornale che era uscito a pranzo con Angela Merkel pochi mesi prima che diventasse cancelliera, nel 2005. E che oggi tradisce delusione per come Merkel ha guidato la Germania e la Ue negli ultimi due anni (la Brexit poteva non finire in uno strappo e il Recovery Plan non sarebbe mai nato senza la ricetta stilata a tamburo battente da Draghi su FT mentre l’Europa era una gigantesca zona rossa).
Una cosa è certa: quando il moderatismo europeo soffre di usura – sia nella versione merkeliana tedesca che in quella macroniana in Francia – a Londra non spiace più Salvini. Così diverso anche da quel Silvio Berlusconi “unfit” con cui FT non è mai voluto uscire a pranzo.
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