Sono maschi-bianchi-europei, gli alpini italiani: antropologicamente radicati nel Nord del loro Paese e assidui delle messe al campo celebrate da cappellani cattolici. E sono anzitutto militari. Di un nazionalismo patriottico quando hanno combattuto sulle loro frontiere montane durante la Prima guerra mondiale. Certamente meno quando – in precedenza – erano stati schierati ad Adua e in Libia. E decisamente meno quando sono stati poi impiegati nel secondo conflitto mondiale: dal nazifascismo, nelle pianure ucraine contro l’Armata Rossa. In anni assai più vicini le penne nere sono risultate peraltro utili alla Nato in Afghanistan, contro i talebani.
La “fedina” degli alpini era comunque di dubbia presentabilità davanti al Tribunale Internazionale del Politically Correct anche prima delle intemperanze di cui alcuni di loro sono stati accusati nell’ultimo raduno nazionale di Rimini. Molestie individuali che vanno certamente accertate, semmai punite per via giudiziaria. Ma non è questo ad esporre le penne nere al rischio di non poter festeggiare a Napoli i 150 anni della loro fondazione. E in fondo può essere veniale anche la proposta dell’anniversario della battaglia di Nikolajewka, il 26 gennaio 1943, per una nuova “giornata della memoria alpina”. Il ricordo di uno scontro – per quanto epico e difensivo – al confine russo-ucraino alla vigilia di quella che è oggi la Giornata della Memoria per antonomasia globale è stata come minimo una scelta poco meditata.
Gli alpini italiani di oggi e di ieri sembrano vittime predestinate della Grande Cancellazione in corso di tutto ciò che ha fatto parte dello scorso “secolo breve”, fra il 1914 e il 1989. E dire che il commander-in-chef più politicamente corretto – il presidente Usa Barack Obama – era stato colpito dagli odierni “alpini non combattenti”: a L’Aquila nel 2009, quando furono, una volta di più nelle grandi calamità nazionali, il nerbo dei soccorritori volontari.
Un Premio Nobel per la pace, Obama. Il suo vice era Joe Biden: che ora – divenuto numero uno alla Casa Bianca – ha riscoperto i valori politici della guerra, che risultino corretti o meno nelle narrazioni mediatiche o accademiche. È così che anche l’esercito italiano si accingerebbe a schierare sue truppe ai confini esterni della Nato e della Ue: in vista dei campi di battaglia ucraini. Ci saranno alpini delle brigate alpine tuttora operative? O qualcuno vuol prima mozzare loro la penna?
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