A oltre due settimane dalla denuncia di stampa sugli oltre 200 messaggi quotidiani di odio antisemita che giungerebbero alle senatrice a vita Liliana Segre, non è ancora accertato se il dato sia puntualmente corretto oppure impropriamente gonfiato (all’insaputa della senatrice, che non lo ha mai commentato). Rimane quindi il sospetto di una manipolazione politico-mediatica, strumentale ai fini del varo accelerato – all’indomani dell’ultimo voto in Umbria – di una controversa commissione parlamentare straordinaria per il contrasto dei fenomeni di intolleranza, razzismo, antisemitismo e istigazione all’odio e alla violenza. 



Resta nel frattempo assodato che in una democrazia europea del ventunesimo secolo l’antisemitismo è al bando ogni giorno, ovunque, per sempre. Questo premesso, con altrettanta ovvietà democratica e credibilità istituzionale nei giorni scorsi la Corte di Giustizia Ue non ha avuto esitazioni nel ribadire che i prodotti agroalimentari degli insediamenti di coloni israeliani nei territori palestinesi non possono essere denominati “Made in Israel”: in quanto “potrebbe indurre in errore i consumatori”, i quali non potrebbero quindi “sapere che un alimento proviene da un insediamento ubicato in violazione delle norme del diritto internazionale umanitario”.



Mentre il “caso Segre” resta al centro delle cronache e del dibattito politico, è stata certamente oggetto di una manifestazione di odio la memoria di un altro senatore a vita della Repubblica italiana: Giulio Andreotti. La notizia – che non ha quasi oltrepassato il perimetro delle cronache locali – ha riguardato alcune manifestazioni in ricordo di Andreotti – di cui ricorrono i cent’anni dalla nascita – organizzate dagli Uffici scolastici di Sondrio e Cremona, con la partecipazione dei figli del senatore, Stefano e Serena.

Le iniziative sono state duramente contestate dalla Cgil e da altre realtà attiviste Della sinistra, che hanno additato la presunta “controversia” della figura di Andreotti. Del quale, naturalmente, sono stati  menzionati i processi affrontati negli anni 90 (da cui peraltro uscì indenne) e non gli incarichi nelle istituzioni della Repubblica (anzitutto: sette volte premier), né il ruolo nella costruzione dell’Europa di Maastricht. Fu con queste motivazioni che Andreotti fu nominato senatore a vita nel 1991 dal presidente Francesco Cossiga. Collega di partito di Andreotti e Cossiga era, allora, l’attuale  presidente Sergio Mattarella, che ha assegnato il laticlavio a vita a Liliana Segre. 



Saremmo sorpresi se la nuova commissione – cui è stata offerta la presidenza alla stessa Segre, prima firmataria della richiesta di istituzione – ignorasse il nuovo “caso Andreotti”.