Caro direttore,
l’utilizzo dell’esercito con specifici compiti di ordine pubblico nell’emergenza coronavirus sta aprendo una nuova querelle: a conferma di quanto la crisi epidemica prema sull’architettura istituzionale e anche sugli equilibri politici del momento nel Paese.

Numerosi governatori di Regione (fra questi il leghista lombardo Attilio Fontana e il Pd campano Vincenzo De Luca) stanno chiedendo a gran voce lo schieramento delle forze armate a fianco delle forze dell’ordine statali e locali: al fine di dare massima implementazione alla strategia antivirus #iostoacasa. Il governo, tuttavia, appare al momento esitante.



Il premier Giuseppe Conte tentenna nell’inasprire a livello di coprifuoco le restrizioni alla libertà di movimento. Sono stati evidenti sintomi di incertezza, nell’ultima ordinanza, sia il “contrordine” sull’apertura dei supermercati, sia il mancato divieto totale di running. Dalla stessa “unità nazionale” dei costituzionalisti (allineati con un Presidente della Repubblica ex giudice della Consulta) comincia a filtrare qualche dubbio su un’emergenza gestita da Palazzo Chigi a colpi di ordinanze e decreti ministeriali. Le libertà costituzionali dovrebbero essere disponibili solo al Parlamento e con procedure speciali. Proprio le Camere, d’altronde, sono a mezzo servizio per il rischio–virus (anche se non manca qualche sospetto di situazione utile a una maggioranza molto debole e alle crescenti tendenze leaderiste del premier). 



Il ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese (ex prefetto di Milano) appare molto decisa nel sollecitare e promettere fermezza nella gestione del lockdown italiano: per contenere l’epidemia nell grandi zone rosse del Nord e in quelle che cominciano a punteggiare il Centrosud. La realtà, tuttavia, è molto più problematica, ogni giorno di più. E le stesse forze dell’ordine appaiono già messe a dura prova non meno del sistema sanitario.

Tace o quasi, invece, il ministro della Difesa, Lorenzo Guerini: non da ultimo ex sindaco di Lodi. Ma è vero che si ritrova a capo di un dicastero molto particolare: come quello della Giustizia. Entrambi gli apparati dello Stato – la magistratura e le forze armate – non sono sotto il controllo politico diretto del governo. Ambedue fanno invece capo al Presidente della Repubblica, che presiede in funzione di garante ultimo il Csm e il Consiglio supremo di Difesa.



l’Italia ha già visto molte volte migliaia di soldati per le strade del Paese: in occasione delle grandi calamità naturali. Ma l’esercito (a lungo composto di militari di leva) in queste circostanze estrae cittadini sepolti vivi sotto le macerie di un terremoto; o salva quelli isolati dalle alluvioni. In questa inedita emergenza nazionale i soldati (oggi professionisti) sarebbero invece chiamati a cacciare gli italiani dalle strade e a tenerli segregati in casa: non diversamente da quanto ha fatto l’Esercito del Popolo a Wuhan.

È quindi comprensibile l’incertezza delle varie sedi istituzionali nel porre in essere misure di cui sarebbe difficile contestare l’efficacia “amministrativa”; ma che potrebbero facilmente sollevare obiezioni di tipo politico. Che non sono immaginabili nei confronti del Quirinale: lo sono invece nei confronti di un premier non eletto, già protagonista di mosse a rischio di anomalia sul piano istituzionale.

Resta il fatto che l’impiego dell’Esercito come “Guardia nazionale” (le forze armate “interne” di cui è dotato ciascuno Stato federato negli Usa) sembra aprire un’ennesima frattura fra Stato e Regioni: con queste ultime nuovamente polemiche sul supporto effettivo che le istituzioni centrali stanno offrendo alle aree del Paese più colpite dall’emergenza virus. Con le Regioni del Nord nuovamente legittimate al sospetto che gli aiuti (a cominciare da quelli del decreto Cura Italia) vengano negati o centellinati per puro calcolo politico. Con Roma che non ha fatto nulla per evitare l’accusa di spendere (male) al Sud 25 miliardi concessi dalla Ue per fronteggiare un’emergenza sanitaria ed economica che sta colpendo principalmente il Nord. E con ampi settori del sistema–Paese dubbiosi fin dall’inizio sulla capacità di Conte e dei suoi ministri di prevenire e fronteggiare un’enorme catastrofe nazionale. E dubbiosi oggi nell’osservare lo stesso governo – anzi: lo stesso premier – accumulare sempre più “pieno poteri” nel Paese e nella rappresentanza dei suoi interessi nelle sedi internazionali. 

Il premier britannico Boris Johnson è da giorni sotto il fuoco politico–mediatico per la sua controversa ipotesi strategica di contrastare l’epidemia con l’“immunità di gregge”, che metterebbe a estremo rischio la popolazione anziana. Ma a ieri sera le vittime del virus in Gran Bretagna erano 177. In Italia il bilancio dei decessi ha già superato quota 4mila: quasi tutti anziani. Triste primato mondiale: a superare perfino le cifre assolute registrate (ufficialmente) in Cina e con tassi di mortalità del tutto anomali. Come questo possa essere un “successo esemplare” forse può affermarlo solo il portavoce di Palazzo Chigi. Oppure le dichiarazioni di solidarietà formale dei leader nazionali o internazionali: gli stessi, peraltro, che bloccano i carichi di mascherine verso l’Italia.

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