I media europei non si sono persi una sola battuta del presidente Usa, Joe Biden, in tour in Ucraina e in Polonia. E tutti hanno dato dettaglio del “regalo” portato al presidente Volodymyr Zelensky: un nuovo “pagherò” da mezzo miliardo di dollari nel primo anniversario dell’aggressione russa.
Nessuno o quasi ha però dato rilievo, poche ore prima, al monito del Congressional Budget Office di Washington: se il limite all’indebitamento federale non verrà alzato dal Congresso, gli Stati Uniti rischiano un default “senza precedenti”. Il Cbo è un’agenzia governativa no-partisan, il cui ruolo è assimilabile in Italia dall’Ufficio parlamentare di bilancio.
La vicenda è nota, ma forse non non del tutto nell’Occidente europeo. All’inizio dell’anno il segretario al Tesoro Janet Yellen (ex presidente della Fed), ha comunicato che l’Amministrazione ha iniziati a predisporre “misure straordinarie” per gestire l’esaurimento dei margini di indebitamento del bilancio federale (31,4 trilioni di dollari). Al momento il Cbo pone il momento critico a metà anno, anche se alcuni analisti stimano che già prima il Tesoro potrebbe accusare problemi di cassa.
La Casa Bianca ha già chiesto al Congresso di rimuovere il tetto. Ma dopo le elezioni midterm dello scorso novembre la Camera è a maggioranza repubblicana, anche se dopo una “buona sconfitta” da parte dei democratici. E come esito di un voto contrastato, il nuovo speaker repubblicano della Camera, Kevin McCarthy, è stato eletto in circostanze eccezionalmente deboli, per la spaccatura interna al Grand Old Party fra ala moderata e “trumpiana”. Lo scenario è comunque insidioso anzitutto per Biden: quando la campagna per le presidenziali del 2024 è virtualmente iniziata.
Il supporto diretto all’Ucraina in guerra contro la Russia non pone problemi finanziari di per sé a Washington. Dodici mesi di conflitto sono ufficialmente costati ai contribuenti Usa 12 miliardi di euro, su un impegno annunciato di 25. L’Ue ha promesso di più (30 miliardi di euro), ma erogato in proporzione di meno (12,5 miliardi). Il 2023 si è ora aperto con una prospettiva più strutturata: anche il Fondo monetario internazionale potrebbe intervenire nel coprire il fabbisogno stimato da Kiev in 38 miliardi di euro.
Il sostegno alla Nato nella nuova confrontation geopolitica con la Russia – gemello forse minore del budget militare per il “contenimento” della Cina in Asia – non promette di aprire fratture nel Congresso nemmeno sul versante della politica estera americana: settori del partito repubblicano sono addirittura più “falchi” della Casa Bianca (che però deve guardarsi “a sinistra” dall’anti-bellicismo delle frange più radicali dei “dem”). Il fronte ucraino rischia invece di diventare un segmento sensibile del più classico dei problemi politici interni di una democrazia: come vengono spesi i quattrini dei contribuenti? Quanto e con quali obiettivi è bene che il debito federale aumenti?
Nella prospettiva di Trump – per ora deciso a ritornare in corsa per la Casa Bianca – la crisi ucraina è esemplare del “gran disordine sotto il cielo” prodotto dagli otto anni di presidenza Obama (con Biden vice) e quindi ricreato dal 2020 dopo quattro anni di (almeno apparente) “pax americana”. Ancora: la “crociata” Nato pro-Kiev appare da questa angolatura uno dei molti casi di cattivo uso delle risorse americane, con l’esito del ricorso a extra-debito, canonico per i “dem”. La crisi globale innestata dall’aggressione russa sulla pandemia sta comunque riaprendo al di là dell’Atlantico un confronto politico ampio.
Una questione-chiave è: l’inflazione che non ha finito di flagellare gli Usa è stata causata da un “eccesso di aiuti” distribuiti da Trump (e comunque continuati da Biden)? Oppure dalla politica delle sanzioni imposta da Biden, con ricadute pesanti anche sulle bollette energetiche degli americani? Ed è corretto che il Tesoro espanda ancora il debito quando la Fed sta lottando per raffreddare l’inflazione con gli strumenti della politica monetaria? Non mancano economisti che ritengono l’inflazione legata a un aumento “incontrollato” dei salari: che certamente nel quadriennio di Trump erano rimasti fermi (è stato un suo tallone d’Achille elettorale) anche se con il Pil in crescita sostenuta e la piena occupazione.
Lo stallo al Congresso sul debito pubblico Usa non promette di risolversi presto: esattamente come – a oggi – quello sulle linee del Donbass. Non sarebbero invece sorprendenti due “cessate il fuoco” in qualche modo collegati: prima in Ucraina, poi a Washington.
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