Se Anna Frank non fosse stata assassinata a Bergen Belsen, il 12 giugno avrebbe potuto compiere 95 anni. E chissà cos’avrebbe potuto votare alle ultime elezioni olandesi (l’adolescente israelita era nata in Germania, ma si era presto trasferita ad Amsterdam, dove venne tradita con tutta la famiglia, e il suo immortale Diario fu scritto in olandese).



Lo scorso novembre il voto nei Paesi Bassi è stato stravinto dal Pvv, di estrema destra. Il leader Geert Wilders non sarà il nuovo premier ma è stato lui, mercoledì scorso, ad annunciare un pre-accordo di governo a quattro. È e resterà lui il king maker e dominus della nuova coalizione di centrodestra, comprendente anche il “partito degli agricoltori”, i liberaldemocratici del premier uscente Mark Rutte e “Nuovo contratto sociale”.



A tre settimane dal voto europeo, in un Paese fondatore della Ue sale dunque al potere una forza con netti connotati anti-Bruxelles e aderente a Identità & Democrazia, il raggruppamento d’opposizione più a destra a Strasburgo. Sono quindi comprensibili i toni pensosi o critici di gran parte dei media internazionali, vicini alle forze storiche del legittimismo europeo (popolari, socialdemocratici e liberali). E in essi sta trovando eco anche una singolare preoccupazione proveniente da Israele, dove l’opposizione del centrosinistra laico sta denunciando l’avvento nel cuore dell’Europa di un alleato aperto del governo Netanyahu, in una fase geopolitica estremamente accesa attorno alla crisi mediorientale.



Nel programma elettorale sul quale Wilders ha ottenuto il voto di un olandese su tre – e che è stato ora trasferito nella piattaforma orientativa della nuova coalizione – c’è il riconoscimento esplicito e pieno dello Stato ebraico e del suo diritto alla sicurezza. Ma più ancora: c’è l’impegno preliminare a trasferire l’ambasciata olandese da Tel Aviv a Gerusalemme, come sollecitato dal sovranismo religioso del premier israeliano e come finora hanno fatto solo gli Usa di Donald Trump.

Si tratta di un momento politico coerente ed esemplare dell’ideologia del Pvv, che gli avversari definiscono senza remore “razzista”. Wilders è avversario giurato di ogni flusso migratorio in Europa principalmente in nome dell’islamofobia, anzi della lotta senza quartiere al “terrorismo islamico”. È esattamente l’approccio odierno di Netanyahu, peraltro inseguito da ieri, assieme al leader di Hamas Yahya Sinwar, da una richiesta di mandato d’arresto internazionale da parte del Procuratore presso la Corte Penale Internazionale dell’Aja. Netanyahu resta tenacemente intenzionato a continuare la guerra “fino alla vittoria definitiva” a Gaza, nel Sud Libano e nella West Bank contro Hamas, Hezbollah e se necessario contro i Paesi che sostengono i movimenti palestinesi in Medio Oriente. E vuole blindare uno Stato definitivamente ebraicizzato, in Israele anche con modifiche costituzionali, alcune già varate, a Gaza con un’ennesima occupazione militare, e nei Territori cisgiordani con l’avanzata paramilitare della colonizzazione.

 

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