La favola del re che si presenta nudo ai sudditi pretendendo da loro l’elogio delle sue ricche vesti e della finezza ed eleganza dei tessuti con cui sono confezionate ha una morale. È sufficiente che un bambino si limiti a dire ciò che vede per smontare l’arroganza del potere. Non solo in Cgil, ma anche in larga parte dei media questo bambino non si trova. E Maurizio Landini si sente autorizzato a pretendere che tutti accettino la sua versione dei fatti anche quando si presenta “nudo” di argomenti e fornito di motivazioni di contrabbando.



Partecipando, trionfante in soglio, alla Festa del Fatto quotidiano, ha interloquito con la persona che lo intervistava sulla questione del salario minimo con la consueta rappresentazione di una realtà fasulla, finendo, poi, per smentirsi da solo.

Seguiamo il leader della Cgil lungo gli arabeschi del suo ragionamento: “Ci sono 3 milioni e mezzo di persone che hanno contratti al di sotto dei 9 euro”. Il dato è confermato dall’Istat e quindi lo prendiamo per buono. “Se si va a vedere – ha proseguito Landini – sono quei settori dove sono nati i contratti pirata perché non c’è una legge sulla rappresentanza, dove è più alta la precarietà (commercio, servizi, turismo), dove in questi ultimi 10 anni in quei settori dove c’erano 2 contratti oggi ce ne sono 15 perché ognuno si è fatto il suo contratto”. Qui il Segretario inizia il gioco delle tre carte, lasciando intendere che è l’onda nera dei contratti pirata a causare – soprattutto nei settori dove è più alta la precarietà – una diffusa condizione di retribuzioni povere al di sotto di quota 9 euro. I contratti pirata esistono e sono cresciuti di numero, ma sono ben lontani dall’essere applicati a 3,5 milioni di lavoratori, proprio perché, come ha dichiarato Landini, “basta che ci siano due privati, un padrone e uno che dice di essere un sindacato, che fanno un contratto, lo applicano a qualcuno, lo depositano al Cnel e questo diventa un contratto nazionale”. Dimentica di aggiungere che si applica a pochissimi lavoratori.



Infatti, secondo il Cnel, al di là del numero dei contratti depositati, i lavoratori vittime delle incursioni piratesche sono 44mila. Del resto non potrebbe che essere così, perché col metodo truffaldino ben descritto da Landini non si arriva a interessare 3,5 milioni di lavoratori. Infatti, la smentita di Landini viene dall’Archivio dei contratti depositati al Cnel. È bene ripetere i dati con la stessa ostinazione con cui si diffondono i luoghi comuni. Secondo l’ultima rilevazione (Report 17°), a luglio sono ben 1.037 i contratti depositati, di cui 976 dei settori privati. Ma dei 434 Ccnl applicati a 12.914.115 lavoratori, (esclusi i contratti agricoli e dei lavoratori domestici) sono 162 (37,3%) quelli firmati dalle maggiori organizzazioni sindacali confederali o comunque rappresentate nel Cnel e “coprono” 12.517.049 lavoratori (97%); mentre 272 contratti (62,7%) firmati da organizzazioni sindacali diverse da quelle confederali e non rappresentate al Cnel (ma in una certa misura “rappresentative” come l’Ugl e le confederazioni dell’autonomismo tradizionale) “coprono” 387.066 lavoratori (3%).



Questi  contratti “minori”, poi, non vanno meccanicamente annoverati come “pirata” ovvero come contratti in regime di dumping che rappresentano lo 0,3% del complesso dei lavoratori. L’artificio dei sindacati pirata – che per le sue dimensioni può essere contrastato senza scomodare un’improbabile legge sulla rappresentanza . si basa sul moncone dell’articolo 19 dello Statuto dei lavoratori come modificato da un referendum cretino (non può essere definito diversamente chi sega il ramo sul quale è seduto) promosso nel 1995 dall’ultrasinistra politica e sindacale e vinto con i voti della destra. Nella versione emendata dal riferimento alle organizzazioni maggiormente più rappresentative è stabilito quanto segue: “Rappresentanze sindacali aziendali possono essere costituite ad iniziativa dei lavoratori in ogni unità produttiva, nell’ambito delle associazioni sindacali che siano firmatarie di contratti collettivi di lavoro applicati nell’unità produttiva”. Si spiega così come un contratto stipulato e applicato da un gruppo di aziende in un determinato territorio e depositato al Cnel, possa fregiarsi di definirsi nazionale.

A occhio si vede chiaramente che se i contratti dei sindacati “corretti” si applicano al 97% dei lavoratori e quelli pirata solo allo 0,3%, i 3,5 milioni di lavoratori “sottopagati” rientrano in grande maggioranza nel primo insieme ovvero sono farina del sacco dei confederali. Qui sorge un problema: il 56% dei contratti “buoni” è scaduto coinvolgendo 7,7 milioni di lavoratori.

A questo punto si aggiunge la mania della legge sulla rappresentanza; una fatica inutile per due motivi: a) quando al 97% dei lavoratori dipendenti si applicano i contratti stipulati da Cgil, Cisl e Uil sappiamo già quali sindacati sono comparativamente più rappresentativi; b) per estendere erga omnes dei contratti collettivi è necessario che esistano e siano rinnovati. È questo un problema preliminare (primum exsistere). Non è sufficiente attribuirsi i galloni della maggiore rappresentatività (che è già riconosciuta da decenni in via di fatto e di diritto perché le leggi vigenti si riferiscono sempre alle organizzazioni sindacali “comparativamente più rappresentative”) e non riuscire a esercitarla, anche se – attraverso procedure complesse a rischio di incostituzionalità – si ottiene, per legge, il monopolio della rappresentanza.

Del resto Landini lo ammette. Quando alla kermesse del Fatto, la moderatrice Chiara Brusini gli ha ricordato i contratti firmati con minimi contrattuali prossimi ai 5 euro l’ora, il Segretario ha replicato: “Questa cosa si spiega dicendo la verità. I contratti vanno firmati con delle controparti, che se non sono disponibili a firmarli o hai la forza di scioperare o altrimenti non lo fai”. E ha puntualizzato: “In quei settori c’è una debolezza. Il sindacato non lo ordina mica il medico, se io proclamo lo sciopero di una categoria e in quella categoria lo sciopero non lo fanno, le imprese fanno quello che gli pare”. Aggiungiamo noi: anche se ti hanno dato la patente della maggiore rappresentatività.

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