Ma è stata una vera winner una cancelliera tedesca obbligata ad astenersi nel consiglio dei capi di Stato e di governo Ue che ha votato per la prima volta un tedesco (una donna tedesca, una delfina della stessa Angela Merkel) presidente della Commissione di Bruxelles? Che futuro ha in Germania una “piccola coalizione” che si rimangia lo spitzenkandidat del Ppe (il bavarese Manfred Weber) e deve incassare la sfiducia formale della Spd sull’affannoso “piano B” di Ursula von der Leyen? Una soluzione di compromesso dettata peraltro dall’italiano Giuseppe Conte all’inizio del round finale della maratona Ue sulle nomine, nonché sostenuta dal presidente Ue polacco Donald Tusk, mediatore con i “ribelli” dell’Est europeo.
E sarebbe invece un “perdente”- nella tre giorni di Bruxelles – un Governo che vede per la prima volta in 13 mesi di vita il suo spread scendere sotto i 200 punti, dopo aver sfiorato pericolosamente i 350 in autunno? Un Paese che ottiene la cancellazione immediata di una procedura d’infrazione cannoneggiata da Francia e Germania dopo il turbolento voto del 26 maggio. Che regge e manda in fumo un puro ricatto politico travestito da intervento tecnocratico. Ed è la stessa Italia che, appena otto giorni fa, veniva dipinta dai suoi stessi media come “isolata” e reietta, non da ultimo per la resistenza opposta dal vicepremier Salvini all’atto di pirateria della Sea Watch 3.
Un successo ha molti padri e quello italiano alla stretta del rinnovo dell’organigramma Ue ne ha avuti in effetti numerosi. Il più importante – in parte perfino inatteso – è stato il Capo dello Stato. Lunedì pomeriggio, nelle ore più concitate dello stallo Ue, Sergio Mattarella ha affermato con una fermezza di toni senza precedenti l’infondatezza della procedura d’infrazione contro l’Italia. Se qualcuno aveva di nuovo bisogno di Roma in campo a Bruxelles per “risolvere problemi” non bastavano vaghe promesse e anzitutto serviva un ritrovato rispetto per un Paese fondatore. In quelle ore il premier Giuseppe Conte – assieme al ministro degli Esteri Enzo Moavero – lottava fra le trincee scavate dalla “ribellione” dei Paesi dell’Est europeo contro il “diktat di Osaka” e la candidatura del socialista olandese Frans Timmermans alla Commissione.
Al primo “vedo”, all’alba di lunedì, non è stato facile per Conte scegliere il “no” alla bozza Merkel-Macron. Né era scontato l’immediato e totale supporto dato dal Quirinale al suo Governo, anche a rischio di suscitare echi “sovranisti” in Europa e qualche alzata di sopracciglio in Italia. E mentre il Consiglio dei ministri riunito nell’intervallo del summit, lunedì sera, ha approvato il pacchetto “anti-infrazione” messo a punto dal ministro dell’Economia Giovanni Tria, i magistrati di Agrigento negheranno sempre (e a ragione) di aver gestito l’arresto della capitana Rackete con l’orecchio agli sviluppi brussellesi: eppure il timing delle procedure a Lampedusa è stato oggettivamente perfetto sul piano diplomatico, lasciando inascoltato il lamento-sollecito della presidenza della Repubblica tedesca fino alla conclusione del summit.
Alcuni degli effetti della strana vittoria europea dello strano Governo italiano devono ancora concretizzarsi. Di ieri l’elezione di David Sassoli alla presidenza dell’Europarlamento (certamente non sgradita a Mattarella). Fra pochi giorni, al completamento del puzzle della Commissione e della governance Bce, sarà interessante vedere se davvero a Roma sarà assegnato lo strategico portafoglio Antitrust, molto più pesante dell’Alto Commissariato alla Politica estera e sicurezza, occupato finora da Federica Mogherini Chi sceglierà, nel caso, la Lega? Il nome di Giulio Tremonti resta più suggestivo che verosimile, mentre rimangono in quota lo stesso Moavero o Giampiero Massolo, già ambasciatore italiano presso l’Ue, Segretario generale della Farnesina e capo del Dipartimento informazioni e sicurezza di palazzo Chigi.
E chi occuperà il seggio lasciato libero da Draghi nell’esecutivo Bce? Nonostante il riserbo di rito, l’ipotesi che vi venga promosso il numero uno di Bankitalia, Ignazio Visco, è più che una voce: in via Nazionale verrebbe subito sostituito dal neo-direttore generale Fabio Panetta, molto esperto di vigilanza europea e stimato da maggioranza e opposizione.
Ma non meno importante sarà verificare un ipotesi ben più importante: lo swapf ra Christine Lagarde (che lascerà il Fmi per la presidenza Bce) e Mario Draghi, secondo uno schema che il Sussidiario ventilava già nel settembre 2018. “Super-Mario”, con ogni probabilità, accentuerà ancor di più il suo profilo di banchiere centrale globale: con un ruolo di stabilizzazione delle turbolenze geofinanziarie fra Usa, Cina, Ue, Russia e altre macro-aree. E nel 2022, a 75 anni, potrebbe concedersi un buen retiro molto speciale: al Quirinale dopo Mattarella.
Nel frattempo una sorta di “nuova Italia” ha trovato – un anno dopo un vero “nuovo premier”: Giuseppe Conte. Che – certamente – ha giocato dentro una squadra folta, qualificata. Ma al tavolo del più lungo summit europeo di sempre, a guardarsi negli occhi con Merkel e Macron e a tirar mattina con altri 26 premier, c’era lui. Winner.