La distruzione dell’economia reale prosegue a grandi passi. Una distruzione voluta, pianificata, perseguita con cinico pragmatismo dai poteri finanziari e da una classe politica genericamente inetta e senza il minimo di amor patrio; questo vale per tutti i Paesi europei, non solo per il nostro, dove peraltro si sono alternate forze politiche di tutti i colori.
In tutti i Paesi c’è stato un piano generalizzato, attuato con strumenti “comuni”, come il rialzo dei tassi e le sanzioni “contro la Russia” (verrebbe da ridere, se non ci fosse da piangere), e completato da politiche specifiche che hanno avuto come fattori comuni le privatizzazioni e il contenimento dei salari.
I risultati li abbiamo visti nel corso dello scorso anno e sono diventati numeri statistici negli ultimi mesi. Produzione industriale italiana? Scesa a novembre con un tonfo da -1,5%, rispetto a un calo previsto pari a -0,2%. Si tratta del peggiore ribasso da aprile, quando la morsa dei tassi di interesse produceva i danni peggiori.
Produzione industriale tedesca? In calo dello -0,7% a novembre, un dato disastroso dopo il calo dello -0,2% del mese precedente e con un dato atteso di crescita di +0,2%. Ma per capire la gravità della situazione, basta guardare al dato annuale: in calo al -4,8%.
Notizie dall’economia: il gruppo di grandi magazzini, circa 15 mila dipendenti, Galeria Karstadt Kaufhof rischia la bancarotta per la terza volta in tre anni. Si tratta di un’azienda appartenente al miliardario austriaco René Benko, Ceo del prestigioso gruppo immobiliare Signa, già fallito.
E che dire delle proteste del settore agricolo, che sta infiammando mezza Europa? I politici vogliono togliere il prezzo “privilegiato” del diesel riservato al mondo agricolo; come se le aziende del settore agricolo fossero le aziende di una casta privilegiata. Già sono in gravissimo affanno a causa delle sanzioni, perché non hanno più il gas russo a basso costo e il prezzo dei fertilizzanti, per produrre i quali si usa gas, è andato alle stelle, come le bollette elettriche, rendendo impossibile trarre profitti dall’attività agricola. A questo aggiungiamo balzelli e ostacoli di tutti i tipi, sostenuti da una folle ideologia per cui la produzione agricola fa male all’ambiente.
Per questo gli operatori dell’agricoltura sono con i loro trattori in piazza, in tutte le strade nelle città tedesche, provocando gorghi e blocchi stradali e scavalcando con i loro trattori i blocchi della polizia. La situazione è tesissima e a causa di tali blocchi la merce scarseggia nei supermercati, ma nonostante questo la maggioranza della popolazione solidarizza con il “popolo dei trattori”, che sta ricevendo adesioni e sostegno anche da colleghi di altri Paesi europei, inclusa una rappresentanza di agricoltori italiani.
Questo è quello che accade quando si alzano i tassi: viene a mancare il denaro perché non viene più preso a prestito e quello in circolazione diminuisce nella restituzione dei prestiti ora in corso.
Questo è il cuore del morbo che ammala la moderna economia: tutto il denaro circolante nasce da un prestito (delle banche centrali) e quindi prima o poi dovrà tornare indietro, facendo rischiare la paralisi dell’economia reale. L’economia non crolla se e solo se vengono fatti nuovi prestiti; ma questi difficilmente avvengono se il costo del prestito, cioè i tassi di interesse, sono particolarmente alti.
Ora le proteste popolari rischiano di mandare a monte il piano di chi governa: in Germania la coalizione è appesa a un filo, in Italia gli elettori che hanno dato la vittoria alla Meloni cominciano a rendersi conto che concretamente non è cambiato nulla rispetto al Governo Draghi, soprattutto in campo economico e di politica estera.
Qualcuno ha sentito dei servizi in televisione riguardo le oceaniche proteste in Germania? Qualcuno ha sentito parlare degli scaffali vuoti nei supermercati tedeschi alla televisione? No, ovviamente. L’informazione è schierata e la gente ha imparato a usare i social per fornire informazioni e per riportare gli eventi.
Infatti, a Davos, dove i potenti della terra celebrano ritualmente il loro incontro annuale al World economic forum, una delle principali preoccupazioni emerse è la problematica di controllare quelle che loro chiamano “fake news”, cioè canali di informazione alternativa, che loro, i media ufficiali, non possono controllare.
Capite come gira il mondo economico, politico, mediatico? Non hanno voluto riconoscere i loro errori, li hanno coperti con le menzogne e ora tentano disperatamente di coprire le menzogne.
Ora, finché si tratta di nascondere o camuffare le chiacchiere, il giochino per un pochino può riuscire; ma nascondere la realtà è decisamente più complesso. Per questo sono molto agitati, per non dire disperati.
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