L’altro giorno Beppe Grillo ha pubblicato un lungo post sul suo blog per spiegare quale strategia il Governo italiano dovrebbe adottare sulla banda larga nelle settimane cruciali delle trattative tra Tim e il fondo Kkr. Il lungo post prende la questione alla larga per finire con un’indicazione praticissima. Vediamolo dall’inizio.



Il punto di partenza è una lunga “analisi” sulla strategicità della banda larga sia per la “competitività delle imprese”, sia per la comodità dei lavoratori. Infatti, con la banda larga si potrebbe permettere alle “persone di poter lavorare per una società di Milano da un piccolo borgo del Sud d’Italia”. Chi non vorrebbe lavorare per una “società di Milano” da una ridente località marittima, montana o lacustre? Nessuno ovviamente può essere contrario. La località marittima potrebbe anche essere in India e la località montana in Tibet a una frazione del costo di quella italiana; questo per dire che l’equivalenza “5G” lavorare da Aosta o da Palermo per una società di Milano è molto più complicata e complessa di come viene presentata. Se ne avvantaggerebbero enormemente i lavoratori più qualificati; per gli altri, nel lungo periodo, si può lavorare da casa a patto di avere costi concorrenziali con quelli di un indiano. Soprattutto in un mondo in cui si fa tutto in inglese.



Andiamo avanti. Tutte le belle cose che ci darà la banda larga, “lezioni interattive dei migliori professori a livello mondiale”, “progetti di ricerca condivisa”, “monitoraggio sanitario da remoto”, “trasporti di ultima generazione” e una marea di altri benefici da film fantascientifico, forse anche un po’ distopico, possono essere raggiunti puntando a “creare un unico grande polo aggregatore delle migliori infrastrutture e tecnologie digitali utili a ridurre il divario digitale italiano”.

Questo progetto non può che partire da Telecom Italia, solo che la gestione di questa società “è stata dettata da logiche finanziarie di breve termine, in quanto il management non ha avuto nessuna visione industriale di lungo termine” e oggi Telecom sta valutando “l’operazione di vendita di un pezzo della rete secondaria al fonda americano Kkr, in logica puramente finanziaria e non industriale” che “complica soltanto il progetto di possibile creazione di una società unica”.



In sostanza tutte le belle cose del 5G sono possibili con una rete unica che, a sua volta, non è possibile se Kkr compra un pezzo della rete. Beppe Grillo non ci spiega perché Kkr sarebbe peggio di Cassa depositi e prestiti, non ci dice che Kkr sarebbe disposta a entrare anche in una rete unica e non ci spiega a quali condizioni la “rete unica” dovrebbe magicamente svilupparsi efficacemente solo con Cdp come principale azionista. Kkr difficilmente vorrebbe pagare miliardi di euro per comprare una rete in cui non si investe per farsi mangiare quote di mercato dai concorrenti. Dimentichiamoci anche che il sogno della rete unica non è gratis perché a pagare sarebbe l’azionista di Telecom Italia che si vedrebbe scippato il diritto di scegliere il miglior partner industriale alla miglior valutazione possibile. Ma Grillo non aveva iniziato la sua battaglia pubblica dopo decenni di onorata carriera da comico difendendo il “piccolo azionista” Telecom?

Ci sono investitori privati che investono e altri che non investono e ci sono investitori pubblici pessimi e altri ottimi. Quello che è importante è il contesto normativo, la convenzione, i contratti e le concessioni. Di tutto questo Grillo non parla e quindi si fa strada un sospetto; il sospetto è che il peccato originale di Kkr non sia quello di essere un investitore privato, ma quello di essere un fondo americano per cui si è speso anche l’Ambasciata americana. Tutto fuorché gli americani e non occorre specificare nell’anno di grazia 2020 quale sia l’unica alternativa nell’Unione europea. Sappiamo anche che l’autore del post ha grande confidenza con un Ambasciatore particolare.

L’unica cosa più preoccupante del 5G inteso come descritto nel post è un 5G in mano a un Governo controllato da un vincolo esterno di cui non si sa bene né il nome, né il cognome e che magari alla fine non è “l’Unione europea” ma qualcosa di molto peggio.

Se pensiamo ai proclami sui Benetton oggi impegnati a negoziare la buona uscita a valore pieno, come se il Ponte Morandi non fosse mai caduto, per monetizzare 20 anni di “gestione” remunerativa ci vengono i brividi. La questione però alla fine è una sola: Grillo esattamente che ruolo ha nella vita politica italiana? In teoria nessuno, in pratica detta la linea sulla infrastruttura più strategica e sensibile che abbiamo. Tutto questo facendo leva su un partito che, nella migliore delle ipotesi, ha bruciato due terzi dei suoi consensi in due anni.