Alla notizia che la Rai avrebbe celebrato i 100 anni della radio e i 70 della tv, il vostro vecchio Yoda, memore dei bei programmi che avevano allietato la sua infanzia e la sua giovinezza sulla terra, ha deciso di orientare il suo ricevitore satellitare su Rai Uno per “Cento”. Con tutto quello di cui si sta occupando viaggiando per la Galassia, alla fine della serata si è davvero molto pentito.



Era stato ingolosito dal fatto che nella produzione figuravano coinvolte le Teche Rai con tutti i loro preziosi archivi… e invece ha visto solo qualche breve documento di quel tesoro, perché sostanzialmente tutto si è risolto nel rimembrare canzoni famose, esibendo come ospiti dal vivo gli attempati Patti Pravo e Pooh insieme alle loro ovvie incertezze di intonazione, introdotti dall’immarcescibile e onnipresente Carlo Conti.



Invece di farci vedere qualche clip del quartetto Cetra o del Trio Lescano, ci hanno appioppato delle imitatrici. E, sciagura delle sciagure, invece di mostraci il Sarchiapone di Walter Chiari, o la signora Cecioni di Franca Valeri, o farci ascoltare il Mario Pio di Alberto Sordi, ci è stato ammollato un lungo e piuttosto sguaiato sketch di Ficarra e Picone, del tutto indegni di allacciare le scarpe a Paolo Panelli o ai fratelli De Rege.

Il tutto è stato condito da continui balletti eseguiti da una compagnia che esibiva sempre in primo piano, soprattutto all’inizio e alla fine, efebici maschietti e femmine androgine, in omaggio all’ideologia woke ben radicata in Rai (mentre sta arretrando in tutto il mondo).



Così l’azienda di Servizio Pubblico è parsa una gran produttrice di festival, concorsi di canzoni e Domeniche in con in studio l’immortale Mara Venier.

Renzo Arbore ha fatto un lungo monologo raccontando le origini di alcuni suoi spettacoli (per la verità assai più adatto a un programma notturno di Rai Cultura), mentre il pubblico avrebbe maggiormente gradito rivedere qualche frammento dei suoi divertenti programmi.

Ai grandi sceneggiati che hanno fatto conoscere la letteratura agli italiani, con i loro grandi attori, sono state riservate solo alcune brevi citazioni verbali; nemmeno una parola del Maestro Manzi, dell’Amico degli animali, del Musichiere, o delle inchieste di Sergio Zavoli.

Molto più ampio lo spazio dedicato a Topo Gigio dal vivo, belli gli intermezzi musicali con gli arrangiamenti delle sigle dei programmi re-interpretate dall’Orchestra Sinfonica della Rai: alla fine sarebbe stato assai più elegante festeggiare la ricorrenza con un intero concerto dell’ottima compagine musicale, invece di proporre un’insalata russa con ingredienti così incompleti e addirittura scaduti.

Oggettivamente carina l’idea di ospitare come pubblico i dipendenti della Rai. Ma per il resto si è trattato di una commemorazione tirata via e del tutto indegna della storia di quello che un tempo fu un vero Servizio Pubblico. Sarà per questo che il DG Giampaolo Rossi (Amministratore delegato in pectore) non si è fatto vedere in sala, mentre c’era Roberto Sergio che in un paio di occasioni allungava il collo per cercare di essere inquadrato. Secondo i retroscena dei soliti bene informati, avrebbe tentato fino all’ultimo di soffiare a Rossi la carica, rimediando alla fine quella di DG Corporate. A leggere Dagospia l’ex-portavoce di Casini sarebbe ora in quota Lega.

Ah, questi post-democristiani, sempre in caccia di una poltrona. Che agguantano sempre.

P.S.: Poteva mancare un inno alla moda del momento, vale a dire l’intelligenza artificiale? Con grande enfasi Carlo Conti ha annunciato uno spezzone (credo fosse di Studio Uno) ricolorato grazie all’intervento dell’A.I. Due errori in uno: perché il bianco e nero di allora, noto per la sua eleganza, è stato trasformato in una penosa cartolina a colori per nulla naturali, mentre durante i movimenti soprattutto le mani rimanevano non colorate. Ma quale AI? Da almeno trent’anni per fare queste cose si usano computer simili al ben noto Da Vinci, che però vanno saputi maneggiare.

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