Si nota un fenomeno dilagante ormai nella pubblicità televisiva italiana: sempre più brands ricorrono a comunicati pubblicitari dedicati al difficile momento delle famiglie italiane alle prese con il lockdown da Covid-19.

Di per sé, nulla di male; è inevitabile che prima o poi Agenzie e Committenti dovessero fare i conti con una realtà sociale mutata, se non rovesciata drammaticamente da febbraio in avanti. Abitudini di consumo, patterns di acquisto, disponibilità economiche familiari come ben sappiamo sono oggi ben diverse da quelle che avevamo solo due mesi fa.



È dunque un fatto positivo che la pubblicità commerciale ne abbia preso atto. Il guaio non sta nel comunicare in modo differente a un pubblico che vive oggi (e consuma) in modo diverso da prima. Il guaio è che le comunicazioni “da covid” sono tutte uguali, intercambiabili, indifferenziate. Marche di pasta, assicurazioni, supermercati, dadi da brodo hanno in onda il medesimo spot con il medesimo tono di voce, struttura narrativa, copy strategy.



Immagini dell’Italia deserta, strade e città senza vita, sovrapposte a coloro che invece lavorano per aiutarci: medici, infermieri, ma anche commesse e panettieri; e poi le famiglie chiuse in casa, e poi i nonni, quelli per cui “facciamolo per loro”, e poi le assicurazioni che “lo facciamo per voi”… Il tutto in un mood mieloso, patinato, immagini in slow motions, musiche orchestrali melanconiche, e poi, su tutto ciò, la voce dello speakers narrante; una voce calda, corrucciata, teatrale, quasi il trailer de “Il Gladiatore”.

Un grido di noia esce dagli schermi piatti, piattissimi, ormai la gente non ne può più di vedere questi comunicati strappacore. Purtroppo ormai questa moda è partita, e come spesso accade in Italia, l’effetto domino rischia di regalarci molti altri e nuovi comunicati in linea con questa voga creativa. D’altronde le Agenzie sono in crisi da tempo, oggi non si può neppure girare in esterni un film nuovo, se non fare solo della post-produzione, e dunque anche se a creatività siamo a zero, “facciamo un’altro bello spot (a basso costo), che faccia sentire che la nostra Marca è vicina alle famiglie, ai nonni, a chi lavora con la mascherina”.



Funziona sulle vendite? No. Funziona sulla Brand value? Neppure. E allora? Che fare? Noi tutti sappiamo come la forzata reclusione in casa sia da un lato pesante e tediosa, ma chi non ha avuto in questa cinquantena a casa un episodio divertente, un comportamento assurdo in famiglia? E perché allora non prendere spunto dai nostri assurdi comportamenti da reclusi in casa, per costruirci qualcosa di diverso, distintivo e finalmente non uniformato agli altri e noiosamente melenso? Perché dobbiamo sempre copiarci l’un l’altro, in comunicazione? Perché non trovare strade originali, differenti, e dunque memorabili per parlare del nostro prodotto anche in tempo di pandemia?

Lego racconta un mondo intero, senza scrivere neppure una parola. Una delle campagne più interessanti degli ultimi anni.