La storica partecipazione in Mediobanca era davvero l’ultimo ormeggio italiano di UniCredit: non lo è più il top management (il francese Jean Pierre Mustier), né la proprietà (largamente diffusa fra investitori istituzionali internazionali) e neppure il peso delle attività fra Italia, Germania e altri paesi-mercato.



La cessione-blitz del pacchetto decisa l’altra sera dal Ceo è parsa quindi anzitutto chiudere un’epoca: non solo per la banca d’affari (da tempi ridimensionata al ruolo di cassaforte delle Generali), ma soprattutto per il gruppo di piazza Gae Aulenti, che è stato a lungo il campione nazionale italiano (davanti a Intesa) e il primo polo transnazionale nell’eurozona.



Chi si attendeva che il cordone ombelicale – annodato fin dal 1946 – avrebbe ancorato UniCredit a nuove combinazioni strategiche in Italia è forse prima ancora sorpreso che deluso dal collocamento sul mercato dell’8,4% di Mediobanca: un’operazione che ha consentito una plusvalenza risicata, ma non ha impedito a Mustier di agevolare (tacitamente, indirettamente) un socio come Leonardo Del Vecchio. E se ha vuotato definitivamente il bilancio del gruppo dell’ultimo “gioiello” vendibile, ha consentito certamente a UniCredit di muoversi con mani definitivamente libere sullo scacchiere del nuovo risiko.



Il brillante rimbalzo del titolo in Borsa – ieri, dopo l’annuncio di buoni risultati trimestrali – è parso riflettere soprattutto questo clima di attesa da parte di investitori e analisti. UniCredit – alle prese con un lungo turnaround, con lo smaltimento di molti Npl e il dimagrimento strutturale – è da tempo candidato a un matrimonio internazionale: e anche negli ultimi giorni si sono rincorse voci di possibili abboccamenti in Germania: non più con Commerzbank, ma con Deutsche Bank, per cui governo e autorità monetarie di Berlino devono assolutamente studiare una stabilizzazione. La stesso pre-accordo fra Fca e Psat ha tuttavia segnalato un miglioramento di contesto sulla rotta francese: cara a Mustier, soprattutto in direzione Société Générale.

Ieri, in ogni caso, il Ceo è sembrato raffreddare gli entusiasmi: certo che l’Ue ha bisogno di fusioni, ma la cornice di regole – ha sottolineato – frena al momento ipotesi di aggregazione “con logica finanziaria”. Chissà se l’avvento di Christine Lagarde al vertice della Bce – vigilante dell’Unione bancaria – modificherà le regole del gioco. In quel caso, ha lasciato intendere Mustier, UniCredit sarà in campo. Nel frattempo creerà una holding per le attività internazionali, ma tenendo in Italia la sede. Per prendere il largo c’è ancora bisogno di tempo.