Un crollo delle vendite di birra Bud Light del 23% rispetto alla stessa settimana nel 2022: il dato è relativo ai primi giorni di aprile, negli Usa. Ma cos’è successo di tanto grave da provocare questo improvviso default? Semplice: una fallimentare strategia di marketing e comunicazione tesa a coinvolgere la comunità Lgbtq+, un target diverso dal “normale” consumatore di Bud Light. La birra infatti, da sempre, è bevuta da un pubblico machista. Il classico americano stelle e strisce che fa il barbecue nel giardino, che magari vota repubblicano, molto orgoglioso della sua nazione e dei valori che esprime.



I markettari della multinazionale del beverage Anheuser-Busch (AB) InBev (brand Corona, Budweiser, Stella Artois, Beck’s, Leffe, Hoegaarden, solo per citarne alcuni) hanno pensato bene di imprimere una decisa svolta alla comunicazione. E così hanno pensato bene di puntare sull’influencer transgender Dylan Mulvaney che, il 1° aprile, ha pubblicato sui suoi profili social (1,8 milioni di follower su Instagram e 10,8 milioni su TikTok) un video in cui beveva una Bud Light personalizzata (con la sua faccia) e augurava a tutti buona fortuna per la March Madness, uno dei tornei di basket più seguiti del Paese. Il tutto, abbigliata come Holly Golightly, magistralmente interpretata da Audrey Hepburn, nel film Colazione da Tiffany.



Risultato: un boicottaggio immediato del brand. Con scene in stile Far West: rapper che sparano (letteralmente) alle casse di Bud Light nel giardino di casa, segnalazioni anonime di bombe piazzate nelle sedi dell’azienda, e lo stesso ex presidente Donald Trump che, in uno speech pubblico, ha affermato: “I soldi parlano, adesso lo sa anche Anheuser-Busch”. E sempre nello stesso post: “È ora di battere la sinistra radicale al suo stesso gioco”.

Una caduta d’immagine da cui, dicono alcuni, Bud Light forse non si riprenderà. Il fatto di aver inviato con uno sconcertante ritardo un comunicato con cui prendeva timidamente le distanze dal movimento Lgbtq+, dicendo di non volersi addentrare in discorsi politici, non ha che peggiorato la situazione. Dimostrando una totale mancanza di visione. Il Wall Street Journal ha definito quello di Bud Light “un caso da manuale su come non gestire una battaglia culturale”.



Insomma, vale sempre la regola d’oro di un buon commerciale. Che dovrebbe diventare anche la regola d’oro di un buon marketing manager: con i clienti (e aggiungere i consumatori) mai parlare di politica, religione. E neppure di gender. Da ultimo vale la pena ricordare la notizia comparsa su qualche quotidiano giorni fa: Elly Schlein, segretaria del Pd, pare abbia indicato Laura Boldrini, ex presidente della Camera, come possibile capolista per le prossime elezioni europee. Forse, alla luce di quanto successo negli Usa, qualche riflessione andrebbe fatta.

(ha collaborato Federica Bartesaghi)

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