La principale questione che il mondo si pone oggi è: quando usciremo da questa crisi? Tutti ne discutono: politici, scienziati, otorinolaringoiatri, veterinari. La risposta è semplice, non ha bisogno di grandi discussioni: usciremo quando l’80% della popolazione mondiale sarà vaccinata. Allora perché aspettiamo?
L’Europa ha ordinato i vaccini per i propri cittadini, ma pare che nulla vieti a Stati e Regioni di aggiungere acquisti a quelli già effettuati. San Marino ne è l’esempio.
E allora, sveglia! Vacciniamo nei palazzetti sportivi, nelle chiese, nelle scuole, nei drive through e ovunque ci sia spazio. Non buttiamo i vaccini, meglio un furbetto che un pirla in più. E poi riapriamo le scuole, tema essenziale per il paese: l’educazione e la cultura sono alla base di tutto. Perché non si è partiti, a spron battuto, vaccinando professori e allievi maggiorenni? Perché non si parte, tramite i medici aziendali, a vaccinare nelle imprese? Siamo un paese esportatore, abbiamo bisogno di “trasfertisti”.
Risolto questo problema, pesante anche perché si va arzigogolando anziché darsi da fare, l’economia potrà ripartire definitivamente. Molti “saranno ingrassati” con investimenti nella farmaceutica e avranno necessità di investire.
Ci sono, poi, i fondi del Recovery. Semplifichiamo. Alle aziende servono fondi per realizzare la Mission 4.0, con essa intendendo: interconnessioni, digitalizzazione, formazione. Senza questo terzo elemento, essenziale per giovani o meno, non si possono realizzare i primi due.
Esiste anche il problema della sostenibilità. Quella ambientale l’abbiamo capita tutti, anche chi non ha le treccine. A chi non piacerebbe vivere in un mondo più pulito? Dobbiamo però prendere atto che la sostenibilità deve essere anche economica, altrimenti come la si sviluppa? Così come se non fosse socialmente sostenibile, cosa facciamo? Dividiamo il mondo in persone sempre più ricche e altre sempre più povere?
Impariamo anche a valutare le situazioni prima di sparare stupidaggini. Chi si è inventato l’idea che, nella complessità, i motori elettrici siano più ecocompatibili dei tradizionali? E il litio? Il cobalto? Le batterie da smaltire? Le fatiche umane per estrarre? È questa la sostenibilità invocata?
L’Europa è un continente manifatturiero con grandi conoscenze nel campo dell’elettromeccanica, perché abbandonarle per un futuro incerto e senza dubbio, anche dal punto di vista ambientale, meno redditizio dell’attuale? Riflettiamoci.
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