Se il personaggio di Spongebob e i prodotti a lui dedicati sono sempre stati dolci e teneri, nonostante la lisergica follia che li accompagnava, lo si deve a Stephen Hillenburg, creatore della spugna marina dai pantaloni quadrati scomparso due anni fa a cui è dedicato Spongebob – Amici in fuga, terzo film della serie e primo interamente animato al computer con inserti live action.
Diretto da Tim Hill, il film vede la spugna disperata per la scomparsa della sua lumaca da compagnia, Gary, rapita dal malefico Plancton e ceduta a Tritone che si serve della sua bava per le cure di bellezza. Spongebob e l’amico Patrick partono quindi alla ricerca della lumaca, ma l’opposizione del re sarà durissima da vincere.
Scritto dal regista, Spongebob – Amici in fuga con la sua commistione tra musical, avventura, fantasy, psichedelia zuccherosa e la sua costruzione a caleidoscopio segna un ritorno del personaggio a un pubblico più infantile, a temi e sentimenti più vicini ai bambini dopo due film che invece sembravano rivolgersi a un pubblico adulto in vena di delirante regressione.
La stilizzazione della computer grafica a imitare l’animazione in stop-motion è già un primo segnale, con i tratti sempre più tondi e morbidi, i colori scintillanti ma non aggressivi, le digressioni fuori di testa ridotte al minimo (Keanu Reeves in veste di saggio cespuglio rotolante di un onirico West) e sostituite da un umorismo demenziale che può unire nella risata sia i bambini che i loro accompagnatori (il film è su Netflix dopo la decisione di Paramount di limitare l’uscita nelle sale).
È l’inizio di una strategia precisa (nei progetti ci sarebbero due serie sull’infanzia di Spongebob e della scoiattola Sandy, qui accennate da flashback) e di sicuro un ridimensionamento delle ambizioni cinematografiche, ma Spongebob – Amici in fuga non delude chi si aspetta l’avventura divertente, il ritmo spesso sfrenato (peccato solo la lunga parentesi processuale che annacqua il finale), le caratterizzazioni esilaranti e l’inno all’amicizia.
Soprattutto, a differenza di Over the Moon, di cui abbiamo parlato la scorsa settimana, il film rispetta il pubblico a cui è rivolto, sa parlare ai bambini senza volerli sfruttare e allo stesso tempo non respinge il pubblico più adulto, cerca un modo di divertire e costruire la comicità tanto sciocco quanto geniale e allo stesso tempo lavora con cura sulle possibilità dell’animazione. Non sarà il trionfo dei due film precedenti, ma lascia il cuore leggero e il sorriso sulle labbra di chi lo guarda.