Valentina Losa è a capo di GDE Bertoni, l’azienda del made in Italy che da decenni realizza artigianalmente trofei e medaglie per le competizioni di alto livello in tutto il mondo. Un piccolo osservatorio privilegiato sullo sport e sui suoi cambiamenti. Le abbiamo fatto qualche domanda riguardo all’impatto della pandemia sul mondo dello sport. Competizioni sospese, cancellate o rimandate, partite (persino il derby) senza pubblico: uno scenario fino a qualche tempo fa inimmaginabile, da cui possono nascere però nuove idee.
Qual è stato l’impatto del Covid nel vostro settore?
Dal nostro punto di vista è stato un impatto devastante, producendo tutto quello che riguarda le premiazioni per le maggiori competizioni sportive si è fermato tutto, e tutto quello che si è fermato ha fatto sì che si fermasse anche il nostro lavoro, la produzione. La maggior parte delle competizioni di Champions League ed Europa League si è disputata lo stesso, ma ad esempio per quanto riguarda le competizioni della FIFA almeno cinque tornei sono stati fermati o rimandati e questo ha significato un mancato introito grande per noi.
Che aria tira tra i fornitori che lavorano per lo sport?
Siamo tutti messi nello stesso modo, ci si occupa dell’organizzazione di eventi quindi in qualche modo se gli eventi saltano ne risentiamo tutti, lo sport poi è un mondo che vive di eventi. Le federazioni vivono loro stesse nell’incertezza, non sanno neanche loro come muoversi. Noi fornitori facciamo di continuo domande e loro non sanno giustamente cosa risponderci, perché non è possibile fare programmi. Nessuno ha la sfera magica purtroppo.
Il nuovo Dpcm come è stato recepito?
Lavorando noi con lo sport a livelli alti e non a livelli amatoriali non ci ha toccato più di tanto, quello che ho notato è che ha dato un po’ di scoramento generale, il sentimento dei miei clienti è questo, si sente che difficilmente ci potranno essere altre manifestazioni sportive nel prossimo futuro, che difficilmente si potrà tornare alla normalità, quindi gli ordini vengono tenuti in standby. La FINA (Federazione Internazionale Nuoto, ndr) ha disdetto tantissimi eventi pur non essendo il nuoto uno sport di contatto, è una situazione generale. Non è solo la situazione dello sportivo in sé ma di tutto ciò che ruota intorno all’evento sport: chi lo organizza, gli allenatori, la stessa presenza dell’eventuale pubblico, è un mondo che racchiude tutto quanto.
Le partite senza pubblico: come le avete vissute?
Abbiamo avuto addirittura un derby senza pubblico! Fa impressione, ci si rende conto che è in atto un cambiamento che forse sarà più definitivo di quanto non si pensi, difficilmente le cose torneranno come prima. Il fatto di vedere una premiazione e una squadra esultare senza intorno tutto il pubblico è qualcosa che mi fa vivere un’emozione a metà, come se mancasse un pezzettino. Di solito quando vedo le premiazioni coi miei trofei mi emoziono sempre, sono felice. Nel vedere una premiazione con una squadra che gioisce senza il pubblico a me manca un pezzo, perché sento che anche alla squadra manca un pezzo, si vede. Il pubblico nello sport, il tifo, è una parte fondamentale.
A un certo punto si è detto: basta parlare di calcio, parliamo più di scuola. Che ne pensa?
Effettivamente, lo dico contro il mio interesse, si è parlato fin troppo del calcio e in Italia non c’è solo il calcio. A luglio, nonostante tutta la situazione, abbiamo iniziato una collaborazione con la Lega Basket italiana e abbiamo fatto un nuovo trofeo per loro. È vero che c’è il calcio ma poi ci sono tanti altri sport per cui concentrare tutte le proprie energie, le informazioni e il dibattito sul calcio è effettivamente riduttivo.
Prima accennava alla sensazione condivisa, nel mondo dello sport, che difficilmente si tornerà alla normalità. Occorrerà reinventarsi?
A mio parere ci sarà un ridimensionamento dei valori o comunque un ridimensionamento anche a livello economico dello sport. Io ho l’impressione che le federazioni rivedranno le loro priorità e il loro modo di organizzare gli eventi, le premiazioni, i budget in generale. Questa è l’impressione che ho interagendo coi miei clienti. Dall’altra parte penso anche che ci sia il bisogno – poiché sicuramente non si tornerà in tempi brevi ad avere un pubblico presente come era dieci mesi fa, si andrà a scaglioni, un po’ per volta – di trovare un modo diverso per coinvolgere lo spettatore, il tifoso, il pubblico in maniera forte, penso a un coinvolgimento virtuale, è anche un problema di fondi, per tutta la vendita di biglietti che viene meno. Certo il calcio non vive di quello ma tanti altri sport sì.
E come?
Non ho idea di come fare perché non è il mio campo. Sono qua che rimugino, nel mio angolino faccio tutti i pensieri su quello che può diventare il mio lavoro e su come posso cambiarlo, modificarlo, integrarlo e poi inevitabilmente vado a parare anche in ambiti che non sono i miei, però ci penso perché bisognerà per forza trovare un modo per coinvolgere lo spettatore.
Per il vostro business avete in mente qualcosa di nuovo?
Noi siamo in una nicchia piccolissima che è la premiazione sportiva di alto livello, essendo artigiani specializzati non siamo una realtà grande, siamo in dieci e siamo specializzati nelle medaglie e nei trofei fatti su commissione quindi non abbiamo neanche un catalogo. Abbiamo macchinari particolari che sono adibiti a questo quindi è difficile reinventarsi. Il pensiero c’è, abbiamo centocinquantamila idee ma non so quanto siano attuabili, ci stiamo pensando e ripensando.