MONFALCONE, LA MANIFESTANTE CHE ‘GIUSTIFICA’ LE SPOSE BAMBINE ISLAMICHE

Arrivare a dire che le spose bambine abbiano vera libertà di scelta è una bestialità che difficilmente si sarebbe potuta udire in tempi anche recenti: eppure una giovane manifestante con velo islamico in piazza a Monfalcone, intervistata dal TgR Rai del Friuli Venezia Giulia ha dato una risposta non considerata dai media nazionali ma – ci pare – agghiacciante.



L’occasione è stato il corteo organizzato dalla sinistra contro la sindaca leghista di Monfalcone, Anna Cisint, dopo il provvedimento con cui ha chiuso le 2 moschee abusive nella cittadina da 30mila abitanti in provincia di Gorizia. Sono scesi ben 8mila islamici in piazza pacificamente per chiedere, con bandiere tricolori e dell’Europa, il passo indietro della sindaca: «Questo velo è sia appartenenza culturale che religiosa, nessuno ci obbliga, è per il nostro favore che lo mettiamo», spiega la ragazza fermata da un cronista del Tg Rai Regionale (qui il video, ndr). Quando però viene chiesto conto di orrori come il dramma delle spose bambine – la brutale “tradizione” che vede in alcune culture musulmane il matrimonio combinato anche con minorenni, la risposta spiazza: «Spose bambine decidono anche loro se vogliono sposarsi o no».



COS’È SUCCESSO A MONFALCONE E PERCHÈ 8MILA ISLAMICI SONO SCESI IN PIAZZA CON LA SINISTRA

Era la stessa sindaca di Monfalcone ad aver sollevato il tema delle spose bambine in risposta alle tante critiche lanciate dalla comunità islamica contro il provvedimento di chiusura del Comune per le 2 moschee abusive. Parlando di diritti delle donne, Cisint ha ricordato il dramma delle ragazze minorenni che vanno a scuola completamente coperte: non solo, ha citato anche i due casi dell’ultimo mese proprio a Monfalcone dove due minorenni sono state rispedite in Bangladesh per sposarsi.

«Siamo contro le spose bambine, gli immigrati negli ultimi anni si stanno radicalizzando», ha detto la sindaca. Contemporaneamente gli 8mila circa islamici hanno invaso il centro di Monfalcone assieme ai manifestanti di Pd e centri sociali per «rivendicare il diritto alla preghiera»: «Noi musulmani siamo qui come testimoni di pace: la preghiera è pace, siamo monfalconesi e siamo italiani», hanno sottolineato nella comunità musulmana in riferimento ai provvedimenti del Comune. La replica di Anna Cisint è arrivata a stretto giro: «In questa vigilia natalizia, Monfalcone ha avuto la più evidente dimostrazione della volontà di prevaricazione da parte della comunità musulmana per imporre il proprio modello islamico più integralista che in un luogo poco distante ha organizzato il tradizionale scambio di auguri di Natale». Con lo striscione “Siamo tutti Monfalconesi” Pd, sinistra, associazioni e musulmani rivendicano il diritto alla preghiera nei luoghi di culto chiusi dalla sindaca: Cisint invece replica che il provvedimento non è affatto contro chi legittimamente prega il Corano, ma perché «quei locali non possono essere destinati a moschee. In quei locali non si può più pregare, non sono centri di culto, non sono moschee. Sono locali che urbanisticamente sono destinati ad altro. Un provvedimento di civiltà e di rispetto dell’ordine pubblico e della legalità».