Il divino quotidiano”. Così si conclude lo spot che sta circolando in questi giorni fatto da una nota marca di patatine. La pubblicità in questione presenta uno specifico momento della Messa, quello della Comunione, in cui il sacerdote, distribuendo la Particola consacrata, non si accorge che Essa è sostituita invece dalle patatine in questione.
Uno spot del genere si presta a critiche anche fin troppo facilmente, ma sicuramente la famosa frase “bene o male, l’importante è che se ne parli” di andreottiana memoria (nonostante l’autore sia in realtà Oscar Wilde) non potrebbe essere usata in un contesto migliore.
In primo luogo, ci sarebbe da discutere che in una società che ha fatto del suo mantra il politically correct, l’ideologia woke e innalzato a bandiera incontrastata una non meglio specificata uguaglianza e tolleranza, venga trasmesso uno spot del genere, irrispettoso non solo dal punto di vista religioso: un sacerdote anziano che passa per fesso e la monaca “in carne” che appare ingorda sembrano non rientrare nei canoni appena descritti. Eppure tant’è.
Ma quello che qui si vuole focalizzare è in realtà tutt’altro. Nello spot, guarda caso uscito nel tempo pasquale che ci porterà sino a Pentecoste, si parla dell’Eucaristia, oltraggiando il sacramento. Ecco allora la prima provocazione per ogni cristiano: cos’è l’Eucaristia? (“Se la gente conoscesse il valore dell’Eucaristia, l’accesso alle chiese dovrebbe essere regolato dalla forza pubblica”, Santa Teresina di Lisieux). Senza volerlo, questo spot può essere occasione per ricentrare, almeno in parte, la questione fondamentale della fede: l’Eucaristia, come ricorda il Concilio, è “fonte e culmine di tutta la vita cristiana” (Lumen gentium), cioè il centro di tutta l’esistenza di ogni persona e della Chiesa stessa, tanto che essa “si forma a partire dall’Eucaristia. Da essa riceve la sua unità e la sua missione” (Benedetto XVI, Gesù di Nazareth).
Allora oltre al giusto scandalo davanti a immagini inaccettabili, il quale non è segno di bigottismo, è necessario ripartire dalla coscienza di cos’è avvenuto nell’Ultima Cena e che la Chiesa ripete incessantemente da 2000 anni in ogni parte del mondo: la Chiesa, e quindi i cristiani, non sono uniti per un loro sforzo, ma al contrario esclusivamente perché c’è Cristo vivente e presente. Niente di più, niente di meno.
Infine, in risposta al comunicato dell’agenzia che ha offerto il becero spettacolo (che vuole esprimere con “forte ironia ‘british’, un contenuto di prodotto legato al momento dello snack e, attraverso una descrizione iperbolica e provocante, esprimere il valore della croccantezza irresistibile della patatina. Si vuole rappresentare, in modo palese e senza fraintendimenti di tipo religioso, una situazione ‘chiaramente teatrale e da fiction’, tratta da citazioni del mondo ecclesiastico già abbondantemente trattate nella cinematografia mondiale, nelle rappresentazioni teatrali e nella pubblicità”), vale la pena ricordare che ci sono persone che, per quel pezzo di Pane oltraggiato, danno la vita. La offrono per tutta l’esistenza, come nel caso dei sacerdoti e dei consacrati, oppure la offrono come semplici cristiani nel mondo, là dove sono chiamati a stare, come tanti fedeli testimoniano. Non solo, ci sono anche persone che la danno nel senso più drammatico, morendo pur di non rinnegare Gesù vivente e presente. Nel mondo, attualmente, ci sono circa 700 milioni di cristiani perseguitati (cfr. Aiuto alla Chiesa che Soffre), che danno la vita proprio a causa dell’amore per quel Pane.
Va però detto che la pubblicità in questione ha un merito, ed è proprio lo slogan finale citato all’inizio di questo breve articolo: “Il divino quotidiano”. Sì, perché davvero Cristo, il veramente Divino, è nella Chiesa tutti i giorni, cioè quotidianamente, fino alla fine del mondo (cfr. Mt 28, 20).
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