Dopo “La pesca” e “La noce”, Esselunga torna sugli schermi pubblicitari con “La carota”, sempre sotto lo slogan “Non c’è spesa che non sia importante”. Bisogna fare i complimenti ai pubblicitari dell’azienda, che sono stati in grado di captare l’attenzione dei telespettatori con un primo spot che presentava una situazione di genitori separati visto con gli occhi di una bambina, sfruttando l’onda di complimenti (e polemiche) per creare attesa negli spot successivi. Anche in questo caso, il fatto che se ne parli (e che se ne possano trarre degli spunti, come in questo articolo) mostra che la strategia di marketing si è rivelata corretta.<



“La carota” presenta una scena particolare nella vita di ogni famiglia, che è il preciso momento in cui i figli se ne vanno da casa. In questo caso i due minuti di spot vertono sul rapporto tra padre e figlia, con la madre quasi sullo sfondo, pur avendo un ruolo fondamentale (interessante notare che, pur essendo la chiave di volta della vicenda, lei parla pochissimo).



Non viene presentato un matrimonio perfetto, piuttosto un rapporto tra padre e figlia in cui, quando lei comunica la sua irrevocabile scelta di andarsene di casa, non mancano scontri e litigate. Dopo anni di famiglie del Mulino bianco e di scontri ideologici, Esselunga ha il merito di presentare le dinamiche familiari per quello che realmente sono: una serie di intricati rapporti che, in modo del tutto assurdo, più si intrecciano, più diventano affascinanti e vivi.

È solo dal presentare la realtà per quello che è che si capisce la reazione iniziale del padre, del tutto contrariato all’idea di vedere la propria figlia abbandonare la casa, pronta per iniziare a tutti gli effetti la sua vita da adulta. L’idea che spesso viene presentata in questo genere di “nuovi inizi”è quella che è necessario recidere i legami, di allontanare da sé gli affetti più cari, quei rapporti essenziali ma di cui improvvisamente, chissà per quale motivo, a un certo punto si è quasi convinti che possano essere messi da parte.



Invece la storia presentata, che gioca molto sul sentimentalismo, parla del dramma del padre, che fa di tutto (anche e soprattutto litigando) pur di tenere ancora a sé la sua bambina, che bambina non è più. Mutatis mutandis, torna in mente la celebre Favola di Natale di Guareschi, anche se in questo caso in versione maschile, dove con il suo stile celebrava l’amore, la cura e la preoccupazione materna: «Per le mamme i figli restano sempre dei bambini e – se stesso soltanto in loro – continuerebbero a farli dormire eternamente nella culla. E, vedendo un metro e mezzo di gambe uscir fuori dal lettuccio, non direbbero: “Mio figlio è cresciuto”. Direbbero: “La culla del mio bambino si è ristretta”».

È solo grazie allo sguardo amorevole e comprensivo di sua moglie, che è moglie e madre, che l’uomo riesce a superare il suo rifiuto, forse ideologico, ma, in fin dei conti, anche comprensibile e che nasce ultimamente da un affetto.

È un’evoluzione che arriva fino a un ultimo momento di tenerezza con sua figlia nel quale accetta la sua decisione; un tenero momento che rilancia (così sembra, non va dimenticato che stiamo parlando di una pubblicità di un supermercato) in chiave nuova il rapporto, che non vive più solo di un passato nostalgico, ma che, proiettandosi alla novità, spalanca un affetto più profondo: «Chiedete a un padre se il miglior momento non è quando i suoi figli cominciano ad amarlo come uomini, lui stesso, come un uomo, liberamente, gratuitamente. Chiedetelo a un padre i cui figli stiano crescendo. Chiedete a un padre se non ci sia un’ora segreta, un momento segreto, e se non sia quando i suoi figli cominciano a diventare uomini, liberi, e lui stesso trattato come un uomo, libero […]. Chiedete a quel padre se non ci sia una elezione fra tutte, e se non sia quando la sottomissione precisamente cessa, e quando i suoi figli, divenuti uomini, l’amano, lo trattano per così dire da conoscitori, da uomo a uomo, liberamente, gratuitamente, lo stimano così. Chiedete a quel padre se non sa che nulla vale uno sguardo d’uomo che incontra uno sguardo d’uomo». (Peguy, Il mistero dei Santi Innocenti).

Ecco allora il segreto di una campagna pubblicitaria vincente e che commuove: la descrizione di dinamiche vere, reali, con il loro carico di sofferenza, con le loro incomprensioni e gioie. Perché la famiglia non è il luogo perfetto, piuttosto è il luogo dove tutte le imperfezioni dei singoli si incontrano, trasformandosi in qualcosa di meraviglioso: «Dalla famiglia dipende il destino dell’uomo, la sua felicità, la capacità di dare senso alla sua esistenza. Il destino dell’uomo dipende da quello della famiglia ed è per questo che non mi stanco di affermare che il futuro dell’umanità è strettamente legato a quello della famiglia» (San Giovanni Paolo II).

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