Una pubblicità destinata a far discutere, divisiva tra chi ritiene che un bambino con genitori divorziati abbia diritto a soffrire e chi invece sostiene la teoria del “meglio separati che sempre in lite”. La bimba che all’Esselunga compra una pesca e poi la regala al papà, “da parte della mamma” (e sua ex), è diventata in pochi giorni un caso nazionale. Paolo Crepet, uno dei volti più noti della psichiatria, ne parla a Il Tempo, cercando di dare una lettura meno superflua del caso di marketing (e non solo): “L’ho vista e l’ho trovata davvero ben realizzata. Da un punto di vista pubblicitario, è stato centrato alla perfezione l’obiettivo. La pubblicità deve far parlare la gente, deve essere guardata, emozionare eventualmente, ma soprattutto deve essere ricordata”.



Ed è proprio questo che lo spot di Esselunga è riuscito a fare: “Da due giorni non si parla d’altro, sui social e non solo. Per cui è del tutto evidente che l’obiettivo sia stato raggiunto. A volte, quando le pubblicità sono così belle, c’è persino il rischio che ci si ricordi addirittura più dello spot, dell’emozione provata guardandolo, immedesimandosi magari negli attori, che del marchio stesso. In ogni caso, ribadisco: il pubblicitario ha fatto sicuramente centro. Se voleva si parlasse di quello spot, ci è riuscito alla perfezione”.



Crepet: “Perché lo spot Esselunga ci emoziona”

Fa paura, oggi, parlare di genitori e figli? Crepet, a Il Tempo, risponde: “No, io non credo affatto si tratti di paura. La pubblicità non parla, in realtà, della famiglia unita, quella in grado di superare le avversità. Questo spot parla dell’esatto contrario, si occupa della non famiglia, della morte della famiglia, della sua fine. Da un punto strettamente statistico, la famiglia è messa davvero maluccio. È efficace perché tocca i nostri sensi di colpa, quelli più profondi. Ma soprattutto ci emoziona per la presenza dei bambini. Questi ultimi sono costretti a fare da mediatori, ma è del tutto evidente che, questo ruolo, non spetterebbe a loro”.



La domanda da porsi, secondo lo psichiatra, è la seguente: “Che c’entra una bambina se gli adulti non sono più in grado di parlarsi? Gli adulti, in quanto tali, dovrebbero dialogare tra sé e confrontarsi”. Le polemiche, dopo la messa in onda dello spot Esselunga, non sono mancate: “È un modo sguaiato di confrontarsi, ma anche in questo caso, non è certo una novità. La politica dovrebbe misurarsi, su temi importanti come quello della famiglia, non certo polemizzare per uno spot pubblicitario“.