Il vituperato e discusso spot dell’Esselunga è bellissimo, toccante, fa pensare. Soprattutto, dice una verità indiscutibile: i bambini soffrono alla separazione dei genitori. Punto. Verità che non si può più nemmeno sussurrare, perché nel tempo del dirittismo senza limiti contano solo gli adulti e i loro desideri, i bambini, nati o non nati, sono un prodotto, un oggetto, saltano fuori se gli adulti li vogliono, non hanno, solo loro, facoltà di esprimere parere e parola.
Lo spot dell’Esselunga è delicato, non moralista, o sovranista, come scioccamente si è chiosato buttandola tanto per cambiare in politica. La Meloni non c’entra, fatevene una ragione, ricordando che comunque il voto dei cittadini italiani conta, e che sarebbe ora di smetterla col popolo bue che va educato, e che manco i talk show di prima serata a raffica e gli editoriali sui giornaloni riescono a far ragionare. C’è una mamma con la bambina al supermercato. Può avere 4 o 5 anni. Apparentemente si perde, la mamma premurosa la cerca, e la trova che rimugina su una bella pesca: la prendiamo, ma non scappare più. Tutto normale. Poi però si carica la spesa in auto, e andando verso casa la bimba guarda dal finestrino, si sofferma con sguardo pensoso su una famigliola che ride. Infine siamo a casa, la mamma la abbraccia e la invita a correre incontro a papà. Papà non vive con mamma. Sono separati (magari non erano sposati, non ha importanza: è certo che quel nucleo familiare si è rotto). La bimba sale in macchina col papà, tira fuor dallo zainetto la pesca, dicendogli che era un regalo della mamma. Babbo incredulo, commosso, che guarda lontano, e promette di ringraziarla, la mamma.
Evidente il tentativo tenerissimo di rappacificare e riunire i genitori. Com’è naturale, e ovvio. Nessun bambino al mondo preferirebbe vivere solo col papà o con la mamma, nessun bambino preferirebbe, potendo, essere spostato da una casa all’altra nel weekend, a meno che volino coltelli in casa e sia la paura a dominare.
Ma la verità non si può dire. Perché è scandalosa, scomoda, suscita sensi di colpa: guai se genitori adulti e consapevoli osassero rimuginare sulle loro scelte, guai a immaginare soltanto una riconciliazione. Sappiamo bene che la vita è complicata e che certe decisioni sono a volte inevitabili, purtroppo, per sopravvivere, per non essere sopraffatti dal litigio continuo, dal peso del tradimento, dei vizi. Sappiamo che ci si può anche scoprire non più amanti, e scegliere un altro uomo, un’altra donna. Ma la parolina negletta che i bambini capiscono è “purtroppo”. Perché la separazione è comunque un peccato, un di meno, una perdita, e per quanto ammirevoli siano i genitori, e civili, e restino amici in meravigliose famiglie allargate, il mancamento resta.
Quante ne vediamo di famiglie da Mulino Bianco nella pubblicità, nelle serie tv, nei programmi pop, come vengono esibiti i bambini “figli” di coppie omo, trans o con 6 nonni, perché hanno più papà e mamme (sono in genere famigliole parecchio ricche, stranamente). Capita, purtroppo. Ci si adatta, purtroppo. I bambini certamente possono crescere felici e sereni, a volte. Non sempre, purtroppo.
È che la verità ci fa male, è che i bambini ci guardano. È che l’erba è verde, qualsiasi multicolor vogliamo attribuirle, e se uno spot torna a farlo sospettare, ben venga, apriamo la mente e proviamo una volta a farla levitare oltre le coltri del pensiero unico.
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