Pazza economia, perché ti diverti a smentire le previsioni? Manco il tempo di capire le ragioni del rialzo delle borse nei primi sei mesi dell’anno ed ecco che da Wall Street arriva una raffica di buone notizie che, però, non sono necessariamente buone. Almeno per noi. Ma andiamo con ordine:
– Altro che recessione. Gli occupati nel settore privato hanno registrato un sorprendente incremento a 497mila unità a giugno. È il dato più alto dal febbraio di un anno fa, più del doppio delle previsioni.
– L’indice PMI non manifatturiero di S&P Global, che misura le prospettive di crescita dei servizi, il cuore dell’economia a stelle e strisce, è stato rivisto al rialzo a 54,4 punti da 54,1 di maggio.
Di fronte a questi numeri i mercati dovrebbero brindare allo scampato pericolo. Al contrario, le borse americane hanno imboccato la via del ribasso. Il motivo? Se l’economia continua a tirare e ad assorbire forza lavoro, la banca centrale può continuare a combattere l’inflazione senza troppo preoccuparsi della congiuntura. I tassi, insomma, possono continuare a salire.
La reazione non si è fatta attendere. Su tutte le piazze finanziarie i rendimenti dei titoli governativi sono schizzati alle stelle provocando di conseguenza una rotta rovinosa delle azioni. I mercati, che non vanno troppo per il sottile, reagiscono allo stesso modo un po’ ovunque: sale il rendimento del T-bond Usa a 10 anni oltre il 4%, ai massimi da fine maggio: mezzo punto in più della media dei prezzi estivi. Ma lo stesso fa il Bund al 2,59% mentre il Btp italiano risale al 4,30%. E lo spread, da più giorni in risalita, tocca i 170 punti base. Per ora.
Data la situazione di costante allarme della finanza pubblica di casa nostra, non c’è da stare troppo tranquilli: per la prima volta il debito italiano affronta una tempesta senza l’ombrello protettivo della Bce. Il tutto mentre i falchi continuano a invocare aumenti dei tassi per contrastare la corsa dei prezzi. Certo, le cause dell’inflazione europea sono in parte diverse da quelle Usa. Oltreoceano la crescita dei prezzi è in buona parte frutto della forte domanda. Dalle nostre parti, al contrario, la tenuta dell’economia è in buona parte il frutto dei bassi stipendi inflitti in particolare ai lavoratori del terziario, a partire dal turismo. A spiegare l’ascesa dei prezzi, una volta sgonfiate le quotazioni di gas e petrolio, contribuiscono i profitti, ma ancor di più la forza dei monopoli domestici, rispuntati dalla pandemia in poi (vedi il traffico aereo). Ma è assai più difficile combattere questo genere di inflazione, specie se non hai la forza di aumentare le tasse. In quel caso, ahimè, restano ben poche alternative al caro tassi.
In sostanza, con buona pace del Governo e degli imprenditori, dobbiamo rassegnarci a un futuro prossimo di tassi in rialzo, mascherati dall’annuncio di procedere “sulla base dei dati”. Ma chi si illude che la Bce possa far scivolare più di tanto l’euro nei confronti del dollaro?
Può l’Italia reggere all’impatto di tassi di interesse superiori al 4%? O anche più alti? Mica troppo, specie se all’aumento corrisponde la fine degli acquisti della Bce (oggi venditrice sui mercati). Ancor meno se in parallelo scendono le entrate fiscali, come sta puntualmente accadendo con il nuovo Esecutivo. O sperare in una nuova impennata dell’export, difficile vista la condizione della Cina che stenta a ripartire.
Per far fronte alle esigenze del debito si può far conto, “alla giapponese”, sulla solidità dei risparmi degli italiani che hanno risposto con entusiasmo al richiamo di Btp Italia e Btp Valore. Ma questa strategia, comunque costosa, rischia di pesare sulle esigenze di credito delle imprese. Comunque la si giri, la coperta è troppo corta: l’Italia non deve solo onorare i debiti, ma anche investire per crescere e tenere sotto controllo l’indebitamento nel futuro.
In termini politici la quadratura del cerchio non può che passare dall’Europa. Ovvero da un accordo che ci permetta di programmare un tragitto virtuoso oltre l’emergenza. Una battaglia che deve coinvolgere una strategia Paese, non solo gli inghippi tattici per spuntare modesti rinvii in attesa di un ribaltone alle europee che non servirà a portarci fuori dal tunnel. Al contrario, il dibattito politico si frammenta in mille rivoli, dalle polemiche sulla magistratura alle scelte dei conduttori tv: le questioni davvero importanti sono tabù.
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