La domanda è attuale, il tema è all’ordine del giorno e, pertanto, il presidente del Consiglio Mario Draghi non si è fatto cogliere impreparato. Nel corso della conferenza stampa di ieri tenuta al termine del Consiglio dei ministri, Flavia Rotondi di Bloomberg ha posto al Premier il quesito che riguarda il recente aumento dello spread: Presidente è preoccupato? Pronta e puntuale la replica dell’ex Governatore della Bce: «Guardi, siccome mi aspettavo una domanda sullo spread mi sono preparato e quindi sono andato a vedere i mercati un attimo prima di venire qua».
A seguire l’elenco delle variazioni percentuali dei differenziali relativi ad alcuni Paesi europei con il commento «Oggi gli spread sono aumentanti per molti Paesi in Europa, non per tutti ma l’aumento dello spread italiano è inferiore ad altri Paesi», ma «questo non deve nascondere che partiamo da una base di spread molto più alta e da un volume di debito pubblico molto più alto. Bisogna spendere bene, vigilare sui conti, vigilare sul debito».
Nulla togliendo alla puntualità della risposta del Premier (facilmente verificabile con le quotazioni di mercato), quanto affermato è assolutamente corretto non solo dal punto di vista “del dato” poiché in tempo reale, ma, ancor più, se raffrontato agli ultimi dodici mesi che hanno visto il suo insediamento come primo ministro. I numeri parlano. Chiaro.
Osservando l’Europa, e prendendo come riferimento i titoli di Stato decennali di Francia, Spagna, Italia, e Grecia è facilmente verificabile come l’assunto del Premier Draghi abbia un veloce riscontro con il mercato. Nello specifico, da febbraio dello scorso anno a oggi il differenziale francese è passato da 23 punti agli odierni 49; quello spagnolo è salito da quota 59 a 93 mentre quello ellenico ha verosimilmente raddoppiato i propri valori: da 118 agli attuali 232. Il nostro Btp, invece, è passato da area 91 a 165 punti. Concretamente, con la calcolatrice alla mano, le variazioni percentuali registrate in termine assoluti (febbraio 2021 vs 2022) danno ragione all’ex banchiere centrale. Ci sono Paesi che hanno fatto peggio di noi. Inoltre, anche l’obbligato e doveroso inciso dello stesso Premier (rif. «partiamo da una base di spread molto più alta e da un volume di debito pubblico molto più alto») risulta corretto soprattutto per coloro (e sono moltissimi) che, in assenza di tale precisazione, avrebbero immediatamente obiettato sul merito dell’intera affermazione.
Eliminato ogni dubbio (qualora ce ne fosse stato) sulla dichiarazione del leader di palazzo Chigi, quello che invece si dovrebbe constatare è l’andamento (conseguente) degli stessi titoli di Stato italiani nel periodo preso in esame. Un anno fa, il Btp future sul titolo decennale domestico quotava in area 150 punti, mentre oggi, purtroppo, i corsi vedono gravitare gli scambi in prossimità di quota 139. Per le tasche dei possessori di tali strumenti finanziari, si tratta di un pesante e significativo ribasso ormai vicino alla doppia cifra.
Ovviamente tale deprezzamento non ha nulla a che vedere con l’esecutivo in carica, come nessuna responsabilità è da ricondurre al Premier Draghi: sono altri i fattori che, in questo momento (e probabilmente anche nel medio termine), gravano su questa tipologia di investimento. È bene dirlo: oggi chi attribuisce al Governo il rialzo dello spread al pari delle minusvalenze finora subite decisamente sbaglia il proprio giudizio.
Almeno questa volta, riconosciamo il fatto in maniera oggettiva, tralasciando l’orientamento politico di ciascuno e, ancora una volta, soffermandoci al solo dato. Poi, è ovvio, non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire. Ma questo è tutt’altro tema.
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