Lo spread italiano fa parlare nuovamente di sé, ma, rispetto al passato, il timore di un cosiddetto “rischio Paese” è davvero infondato. Da qualche giorno, infatti, il differenziale tra i nostri titoli di Stato decennali e quelli tedeschi registra il sorpasso rispetto a quelli della vicina Grecia. Da inizio anno, i rendimenti domestici e quelli ellenici hanno viaggiato verosimilmente appaiati (gennaio) per successivamente riportare un costante e vantaggioso divario (circa 20 punti base) a favore del Bel Paese in febbraio. In corrispondenza dei primi giorni di marzo, però, è arrivato il riavvicinamento tra i due Paesi e, dal precedente e migliore saldo a favore dell’Italia (poco più di trenta punti), si è invece potuto assistere a un netto assottigliamento della forbice fino ad azzerare completamente le poche differenze decimali. 



Da settimana scorsa, la Grecia riporta uno spread (rispetto al Bund) migliore dell’Italia: con una quotazione prossima ai 123 punti base, la nostra penisola vede i propri titoli di Stato rendere qualche centesimo in più. L’italico sottostante si attesta a quota 1,114%, mentre il rivale greco vede un ammontare dell’1,068%. Inezie. 



È pur vero che, osservando casa nostra e la sua recente dinamica sulla curva dei rendimenti. il livello di questi ultimi ha registrato un significativo incremento: dallo 0,448% (minimi di febbraio) si è giunti ai valori attuali. 

Questa risalita non è un fatto isolato, bensì ci troviamo di fronte a un comune elemento appartenente (al momento) all’intero comparto obbligazionario internazionale e pertanto l’Italia, come la stessa Grecia, ne sono coinvolti al pari di ogni altro Paese. Come si può facilmente riscontrare, i valori del contendere sono irrisori (almeno nelle tasche dell’investitore), ma è comunque doveroso evidenziare l’avvenuto “sorpasso” tra noi e la Grecia. Guardando altrove, ovvero alla vicina Germania, è possibile notare il medesimo trend di brevissimo periodo: dello scorso febbraio a oggi si passa da un -0,527% agli odierni valori negativi ancora inferiori alla parità (-0,1075%).



Nonostante il “sorpasso” ellenico e l’aumento della spesa per le casse del nostro Paese (in termini di interessi pagati al risparmiatore) giunge comunque una buona notizia. Analizzando la curva dei rendimenti decennali riconducibili ai titoli di Stato italiani, e soffermando l’attenzione agli ultimi dodici mesi, si può agevolmente apprendere come “lo stato di salute” del nostro Paese sia divenuto meno caro: da un rateo complessivo pari all’1,643% (maggio 2020) si capitola all’odierno 1,114%.

Di certo, ricordando quanto accaduto sul fronte della pandemia con i suoi difficili e poco contrastabili effetti, il risultato finora conseguito appare indubbiamente inaspettato. 

Prescindendo dagli aspetti politici e dai molti risvolti economici ancora irrisolti chi avrebbe scommesso (solo pochi mesi fa) che l’Italia avesse pagato un così “basso prezzo” della crisi? Come abbiamo sempre affermato il mercato detta le condizioni e le attuali sono quelle giuste: quelle giuste per tutti noi prescindendo dalla Grecia o da altri Paesi.

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