Lo spread ha superato quota 200 punti base e il rendimento dei Btp decennali è da alcuni giorni superiore al 3%. Segnali non certo positivi per un Paese come l’Italia, che tra maggio e giugno emetterà titoli di stato per oltre 80 miliardi di euro, tanto più che si paventa un rialzo dei tassi da parte della Bce già a partire da luglio. «La gestione dei titoli del debito pubblico italiano – ci dice Luigi Campiglio, Professore di Politica economica all’Università Cattolica di Milano – per quanto si vede è stata buona. Il problema sarà relativo al rollover e se anche il rialzo dei tassi da parte della Bce fosse minimo, il nostro Paese si troverà sotto pressione».
Perché?
Perché verrebbe comunque lanciato il messaggio che è stato intrapreso un percorso, come nel caso americano, di rialzo dei tassi, anche se molto graduale. Sappiamo bene che quel che conta in questi casi è la valutazione delle reazioni di mercato e l’Italia si troverebbe a dover fare i conti con il solito refrain relativo all’elevato livello di debito pubblico in rapporto al Pil.
Un rialzo dei tassi quale impatto avrebbe per l’economia?
Per i buoni debitori non ci sarebbe un grande impatto, perché i tassi sui prestiti rimerebbero comunque abbastanza contenuti. Sarei più preoccupato dei tassi sui mutui, anche perché c’è il rischio che venga interrotta la striscia positiva del 2021, un anno che è stato particolarmente favorevole per gli investimenti, a partire da quelli immobiliari: non credo che ciò sia dipeso solamente dal superbonus al 110%. In ogni caso sappiamo che il settore delle costruzioni è molto importante per l’effetto moltiplicatore che può avere sull’occupazione e sui redditi, quindi c’è da sperare che non subisca una frenata.
Se, come ha detto, quel che conta è la reazione dei mercati, l’aumento dello spread potrebbe essere alimentato anche dal timore che l’economia italiana subisca un forte rallentamento quest’anno.
Sì, è così. Se il Paese crescesse, il pericolo legato allo spread e a tutto quel che ne consegue si attenuerebbe non poco. Credo che in questo senso siano molto importanti gli investimenti del Pnrr: per l’ampiezza delle risorse che sono state messe in campo, se venissero spese in un momento di recessione incombente potrebbero rappresentare una sorpresa positiva in grado di farci raggiungere una crescita, magari non come quella che avremmo potuto avere, ma comunque in grado di frenare le aspettative più negative. Un rapido utilizzo di queste risorse è, a questo punto, un dovere nazionale. C’è poi un fenomeno in atto che non ci aiuta.
Di che cosa si tratta?
A quanto pare, nel settore dei servizi c’è una forte domanda potenziale di lavoro, ma chi potrebbe essere interessato preferisce non rinunciare al Reddito di cittadinanza ed essere pagato in nero. Se questo è vero, e temo che lo sia, significa che quella che sarebbe dovuta essere una passerella verso il lavoro – cioè, il Rdc – non sta funzionando. L’esistenza di opportunità di lavoro che restano scoperte non è certo un buon segnale in un momento negativo di congiuntura.
Se tra poche settimane verrà meno il sostegno della Bce, toccherà all’Ue fare qualcosa di più per aiutare i Paesi più in difficoltà di fronte alla crisi?
Anzitutto andrebbe detto che se si sta seguendo la linea della Fed bisognerebbe anche ricordarsi che la banca centrale americana ha come obiettivo non solo il tasso di inflazione, come nel caso della Bce, ma anche la piena occupazione. E su questo secondo fronte l’Eurotower, da statuto, non ha alcun titolo per un intervento diretto.
Toccherebbe allora all’Ue farlo…
Non so che fine abbia fatto il progetto di un’indennità di disoccupazione europea, ma si tratta dell’intervento più efficace che si potrebbe mettere in campo, ovviamente con gli adeguamenti nazionali necessari, oltre che con un bilancio che deve essere comune. È emblematico il fatto che la Germania sia stato il Paese che nel 2012 ha attraversato “indenne” la crisi – e credo che analogamente attraverserà quella attuale – grazie al fatto che dispone di stabilizzatori automatici, cioè che scattano subito, che noi non abbiamo: stabilizzatore automatico per chi non ha lavoro è la parola chiave per gli interventi in tempi di crisi. C’è poi un’altra cosa che l’Ue può fare.
Quale?
Se c’è un problema enorme di cui si parla da sempre, ma su cui non si fa mai abbastanza, è l’evasione/elusione fiscale. In tempi di crisi per Paesi come l’Italia la concorrenza fiscale esistente in Europa è molto dannosa: se ci fossero regole uniformi certamente non si cancellerebbe del tutto l’evasione/elusione, ma di sicuro i casi più eclatanti potrebbero essere contenuti.
(Lorenzo Torrisi)
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