Le banche hanno archiviato la miglior settimana dell’anno, con un incremento di valore pari al 14% circa. Lo spread dei Btp decennali contro i titoli tedeschi dl pari durata si è mantenuto per tutta la giornata di venerdì sotto i cento punti per avviarsi a chiudere a quota 93. Il tasso del decennale allo 0,52% ai minimi dall’11 gennaio, così sterilizzando almeno in parte il lieve aumento dell’inflazione che ha investito ieri i mercati finanziari.



Un recupero che ha dell’incredibile, ma che rappresenta solo un traguardo temporaneo. È molto probabile, azzarda Andrea Delitala di Pictet, che si sia avviato un circolo virtuoso che porterà i titoli italiani al livello dei Bonos spagnoli che nei confronti dei Bund accusano uno spread di soli 70 punti. In questo caso, spiega lo strategist, si può davvero immaginare un cambio di passo destinato a durare più dell’arco di una stagione. 



“Oltre ai risparmi sugli interessi già maturati in tutta la fase di discesa dei rendimenti a livello globale che ci consente di emettere oggi a tassi mediamente (vicini a 0%, ben al di sotto del costo medio del nostro debito pregresso (circa 2,5%), ci sarebbe un ulteriore restringimento dello spread di circa 50 punti base, vale ogni anno, un ulteriore risparmio quantificabile in circa 1,5 miliardi di euro”, visto che nel 2020 l’attività di emissione è stata pari a 500 miliardi. Il tutto prima di valutare gli effetti virtuosi che inevitabilmente ci saranno dopo l’erogazione dei fondi in arrivo dal Recovery che consentiranno altri risparmi. Le emissioni in arrivo dagli altri Paesi (fino al 2027) consentiranno infatti di ridurre in quantità le emissioni di titoli di casa nostra al netto dello sperato salto di qualità generato dalle riforme. 



Questi e altri numeri forniscono un’immagine eloquente di quella che potrebbe essere definito, la “Draghi put”, ovvero il dividendo che i mercati hanno già riconosciuto all’arrivo del banchiere alla testa del Governo della Repubblica. Non solo un attestato di stima, bensì la convinzione che super Mario abbia, tra le altre qualità, le doti del grande centrocampista che sa giocare e far giocare e che all’occorrenza sa fare goal. Non un solista, ma un tecnico che sa fare squadra. 

Ma in questo modo, esaltando le qualità del tecnico, si rischia di far passare in secondo piano il bagaglio politico e umano del prossimo Premier, uno che ha ben chiaro che la prima missione del nuovo leader dev’essere, come ha ripetuto ai vari esponenti dei partiti durante le consultazioni, quella di “restituire la speranza ad un Paese che si è incupito”. Il “whatever it takes”, per ricordare la famosa frase con cui Draghi lanciò l’offensiva a difesa dell’euro riuscendo a mobilitare le élites a sostegno della moneta unica, non riguarderà tanto lo spread o il miglioramento dei conti dello Stato, obiettivo peraltro necessario, bensì la capacità di far sentire agli italiani che il Governo stavolta lotta davvero assieme a loro. Non per garantire bonus o mancette varie, ma per ottenere risultati concreti nel più breve tempo possibile nelle materie più urgenti. A partire dalla lotta alla pandemia e, non meno importante, qualche segnale concreto a favore della massa degli italiani. Giovani e donne, che a ragione non si sentono garantiti.

Aspettiamo insomma Draghi alla prova dei cento giorni o anche meno, quel che sarà necessario per dimostrare che finalmente si è cambiato passo. Non è certo super Mario a dover dimostrare di saperci fare. Ma tutti gli altri sì. 

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