Lo spreco alimentare è stato al centro di un interessante intervento di Monsignor Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la Vita, durante una conferenza sul tema che si è tenuta ieri a Santiago del Cile nella sede FAO per l’America Latina e i Caraibi. Un intervento partito ricordando le importanti parole di Papa Francesco, ovvero che “scartare cibo significa scartare persone“, sottolineando che si tratta di un comportamento “intollerabile, insopportabile, esecrabile e fonte di immensa vergogna”.
In particolare, secondo Monsignor Paglia, lo spreco alimentare “non è riconducibile a una sola questione di mercato, a qualcosa che possa essere definito e misurato in tabelle, statistiche e performance”, ma è una situazione che condiziona l’esistenza stessa di milioni di persone in tutto il mondo. Quest’ultima logica dovrebbe essere l’unica guida per discutere ed affrontare seriamente il tema dello spreco alimentare, mettendo da parte i discorsi sulle logiche di mercato che “di fatto, [gestiscono e contabilizzano] lo spreco di vite umane”. Esemplare, in merito, è proprio l’America Latina, responsabile del 6% dello spreco di alimenti mondiale, ma che conta al suo interno oltre 47 milioni di persone sottonutrite, delle quali 30 milioni potrebbero avere cibo a sufficienza con quello sprecato da chi le circonda.
Mons. Paglia: “Tre soluzioni contro lo spreco alimentare”
Insomma, per parlare di spreco alimentare, secondo il Monsignor Paglia, bisognerebbe mettere da parte i discorsi economici, a favore di una logica di solidarietà e fratellanza. “L’economia”, spiega, “non può essere considerata come fine ultimo ma come mezzo a servizio della vita delle persone e dell’edificazione di una società giusta”, e chiede agli attori economici di riconoscere “la responsabilità sociale del loro operare, l’interconnessione tra soggetti diversi, la custodia delle persone e del mondo che abitano”.
In merito allo spreco alimentare, però, il Monsignor Paglia ritiene anche che vi siano tre strade praticabili. In primo luogo, segnalare i dati reali sugli sprechi, valutando “il peso sociale di questo fenomeno”, tenendo contro anche delle ore di lavoro perse a produrre alimenti destinati allo spreco. Poi, guardare all’interezza del fenomeno, considerando “la grande distribuzione organizzata dei supermarket e i mercati informali lungo le strade, le più raffinate tecnologie e le più antiche sapienze contadine”. L’ultima arma contro lo spreco alimentare, forse la più importante, è far comprendere alle persone “il valore del cibo e della tavola”, perché solamente l’educazione “permette il cambiamento di pratiche domestiche altrimenti deleterie”.