Uno studio condotto in Argentina da gennaio a settembre 2021 su oltre 1,2 milione di persone, secondo quanto riportato da Adnkronos, ha dimostrato che il vaccino russo Sputnik V protegge al 93% dalla morte di Covid-19 nelle persone con più di 60 anni. I risultati sono stati pubblicati su Lancet e messi a confronto con quelli relativi ad AstraZeneca e a Sinopharm, che sono stati utilizzati nella medesima ricerca.



Il lavoro in questione rappresenta un importante passo in avanti dal punto di vista scientifico. Prima di questo momento, infatti, come sottolineano i ricercatori, “nessun altro progetto riportava gli studi di efficacia di Sputnik, tranne una ricerca in Ungheria su una coorte di persone over 18, ma i risultati del nostro lavoro suggeriscono che il vaccino russo è efficace nel prevenire l’infezione e il decesso in modo equivalente ad AstraZeneca”. L’efficacia di quest’ultimo, infatti, è risultata pari al 93,7%, mentre quella di Sinopharm all’85%.



Sputnik protegge al 93% da morte da Covid: in Argentina il primo studio affidabile

Lo studio dei ricercatori argentini ha dimostrato che Sputnik V protegge al 93% dal rischio di morte da Covid-19: è il primo lavoro che sembrerebbe essere affidabile per l’ampiezza e la metodologia con cui è stato condotto. I precedenti, infatti, non convincevano gli esperti. Ad approfondire la questione era stato in tal senso l’Istituto Lazzaro Spallanzani in collaborazione coi colleghi russi del Centro Gamaleya. Il 20 gennaio 2022 venne annunciata la pubblicazione di un preprint, ma come evidenziato da Il Foglio l’autorizzazione del comitato etico citata si riferiva ad uno studio del tutto diverso da quello pubblicato. In quella corretta, invece, non sono autorizzati confronti tra i vaccini in uso in Italia ed altri.



I punti poco chiari sulla vicenda, come ampiamente ricostruito da Open, sono tanti: oltre all’autorizzazione errata, inizialmente non era stato reso noto neanche chi avesse finanziato la ricerca. Poi l’Istituto ha riferito di avere utilizzato i propri fondi, mentre soltanto il lavoro dei colleghi del Centro Gamaleya sarebbe stato promosso da un Fondo russo. La questione centrale, ad ogni modo, è quella relativa ai dati non convincenti. I campioni utilizzati, infatti, sarebbero stati di soltanto poche decine di persone, decisamente troppo poche. I vaccini Pfizer Sputnik V, inoltre, sarebbero stati messi a confronto in lassi di tempo differenti e senza un corretto controllo di fattori confondenti.