Il vaccino Sputnik V è efficiente nell’indurre immunità durevole delle cellule B della memoria? Queste sono in grado di secernere anticorpi neutralizzanti contro il coronavirus? E sono protettivi contro le varianti più resistenti alla neutralizzazione, come quella sudafricana? Finora queste domande non hanno trovato risposta, ma uno studio condotto in Russia fornisce delle prime indicazioni significative. La ricerca, pubblicata su medRxiv, ha evidenziato in primis che le persone guarite dal Covid a cui viene poi somministrata una dose di questo vaccino producono una risposta molto più rapida e robusta. Ma i risultati hanno dimostrato anche che una singola dose del vaccino Sputnik V è sufficiente per l’immunità protettiva nei soggetti precedentemente infettati. Per quanto concerne invece le persone non contagiate, la risposta alla vaccinazione è complessivamente più lenta rispetto ai guariti vaccinati con una dose.
Anzi, un gruppo di persone che hanno ricevuto entrambe le dosi non hanno evidenziato la potenza di neutralizzazione degli anticorpi osservati negli individui recuperati, ma ciò dipende dal proprio sistema immunitario. In generale, dopo il richiamo di Sputnik V gli anticorpi erano meno potenti in termini di capacità di neutralizzazione rispetto ai vaccini a mRna, ma alla pari con quelli a base di adenovirus.
SPUTNIK V, STUDIO SU ANTICORPI E CELLULE DELLA MEMORIA
I ricercatori russi del National Research Center Institute of Immunology of Federal Medical Biological Agency of Russia, del Dipartimento di Immunologia del Lomonosov Moscow State University, della Siberian Branch of the Russian Academy of Sciences e del National Research Center for Hematology hanno anche indagato sull’efficienza del vaccino Sputnik V nella neutralizzazione delle varianti del coronavirus. «Mentre sono disponibili studi dettagliati per i vaccini Pfizer e Moderna, i dati per lo Sputnik V sono limitati», precisano. Con il loro studio è però emersa una riduzione dei titoli end-point medi geometrici (GMT) di cinque volte contro la variante sudafricana, sia per i vaccinati con una dose perché guariti dal Covid sia per quelli vaccinati con due dosi.
D’altra parte, l’attività neutralizzante si è rivelata molto efficace: «Questo è in eccellente accordo con i dati riportati per i vaccini mRNA ed è indicativo del più alto livello di protezione contro le varianti virali emergenti». Per quanto riguarda la memoria immunitaria suscitata dallo Sputnik V, non solo è ben pronunciata la produzione di cellule immunitarie, ma la loro quantità è paragonabile a quella che sviluppano i guariti. «Sulla base di questi dati, concludiamo che le cellule immunitarie suscitate da vaccinazione Sputnik, sia nel loro numero e produttività, sono paragonabili a quelli generati durante l’infezione naturale», concludono i ricercatori.