Una cosa deve esserci chiara, fin da subito. Quando fra poche settimane ci cadrà addosso un altro 2011, nessuno avrà titolo per lamentarsi. O scomodare capri espiatori, alibi e complotti.

In tempi tutt’altro che sospetti vi avevo detto che il Pnrr era da ritenersi credibile quanto l’ipotesi di scudetto alla Salernitana. Ecco che, un giorno dopo l’altro, un cantiere dopo l’altro, un appalto dopo l’altro, i nodi vengono al pettine.



E non solo congelamento dei 19 miliardi attesi per il mese di maggio rischia di compromettere le favolette contenute nella Nadef, ma, cosa ben peggiore, il rischio è quello di un fallimento su tutta la linea che sfocerà in un unico, inevitabile epilogo. Il Mes. E non la sua ratifica parlamentare, la sua adozione. 

Perché sui miliardi del Pnrr, questo Paese ci ha costruito castelli nelle cui segrete andavano occultate criticità croniche. E operato un maquillage dei conti degno dei bilanci di Credit Suisse. Ma guardatevi attorno, ascoltate e leggete i media. La polemica sul Pnrr è appena accennata. La vera ragione di scontro e dibattito, la priorità non più rinviabile nel suo essere sviscerata è l’attentato di via Rasella. Materia di stretta e urgente attualità. Ma attenzione, perché c’è qualcosa che deve far suonare l’allarme ancora prima della vicenda Pnrr e del suo ineluttabile precipitare a valle del fallimento in modalità palla di neve. Chiaramente, anche in questo caso, nulla è terminato sui giornali. O sui siti di informazione. Nemmeno quelli finanziari. D’altronde, occorreva festeggiare un primo trimestre borsistico d’oro. E lasciarsi alle spalle i brutti ricordi di SVB, FRB e Credit Suisse. Oltre allo spavento per quel credit default swap di Deutsche Bank volato in cielo, da un giorno con l’altro.



Ma qualcosa in Europa ha cominciato a galoppare. Anzi, a rotolare con velocità siderale. La stessa che trasforma la palla di neve in valanga, appunto. Senza che il valligiano italico, intento a contemplare il cielo azzurro, se ne accorga. La Commissione europea si è trincerata dietro un no comment alla richiesta di conferma da parte di Bloomberg, di fatto togliendo ogni dubbio. E in effetti, c’è anche già una data. Dopo anni e anni di discussioni a vuoto sul Single Resolution Fund, il 18 aprile Bruxelles presenterà la bozza di riforma – non preventivamente calendarizzata – che supera di slancio il famigerato meccanismo del bail-in bancario e facilita l’eutanasia degli istituti medio-piccoli in crisi attraverso l’utilizzo dei sistemi di garanzia dei depositi nazionali. Insomma, si corre.



Di fatto, il Single Resolution Board – dopo mesi e mesi di supercazzole accademiche – ha deciso che quanto delineato lo scorso giugno nell’ennesima revisione andava implementato alla velocità della luce. Appunto, l’utilizzo degli schemi di garanzia sui depositi come sorta di ponte per tamponare i gap di capitale delle banche in crisi, prima di utilizzare il Single Resolution Fund. Di fatto, l’Europa bancaria si sfalda ulteriormente. E questa deadline così ravvicinata, sinceramente fa riflettere.

Qualche istituto rischia di andare zampe all’aria nell’Eurozona, dall’oggi al domani? Magari in quei Paesi un tempo non troppo lontano denominati PIGS e che hanno visto Spagna e Grecia dover tamponare strutturalmente e e sistemicamente il proprio sistema creditizio? Per questo, i soci forti hanno imposto l’istituzione a tempo di record di un cordone sanitario? D’altronde, se Christine Lagarde si è affrettata a confermare subito dopo la crisi di SVB come la Bce sia pronta a fornire tutta la liquidità necessaria, questa settimana il numero uno dell’Eba, José Manuel Campa, ha avvisato come il settore bancario europeo rimane vulnerabile anche dopo l’implementazione delle misure atte a bloccare il contagio di SVB e Credit Suisse.

Insomma, tra 16 giorni l’Ue deciderà sull’utilizzo dei fondi degli schemi di garanzia per quelle banche medio-piccole in crisi e non in possesso di equity o bond su cui operare wipe-out. Sempre che le perdite legate a questa contingenza raggiungano l’8% delle liabilities dell’istituto. E la stessa Bloomberg fa notare come la bozza circolante preveda condizioni molto strette rispetto all’utilizzo di quei fondi, quasi la nota al riguardo fosse stata scritta dalla Bundesbank: serviranno a preservare il valore degli assets in crisi, prima di poter essere trasferiti a una nuova entità. Troppi particolari per non pensare che Bloomberg abbia potuto leggere integralmente e con calma il testo. Troppo palese l’ammissione che si cela dietro il “no comment” della Commissione.

Mentre ci preoccupiamo per la ratifica parlamentare del Mes, l’Ue mette mano al sistema bancario. E lo fa con l’urgenza – per lei irrituale – di chi sa che non c’è tempo da perdere. Occorre rinforzare gli argini. Entro il 18 aprile. Subito, insomma. Nel frattempo, qui lucidiamo le maniglie sul ponte del Titanic, accapigliandoci sulla vera o presunta gloria dell’attentato di via Rasella. Lo ripeto, nessuno osi lamentarsi.

— — — —

Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.

SOSTIENICI. DONA ORA CLICCANDO QUI