Un’Opa del Credit Agricole sul Credito Valtellinese era annunciata. La Banca Verde francese deteneva già una partecipazione del 5%, di per sé significativa in una public company quotata: l’aveva assunta due anni fa, in occasione della ricapitalizzazione-salvataggio della banca valtellinese. Fin da allora è a bordo con una quota analoga il finanziere transalpino Denis Dumont. Dopo un biennio di stabilizzazione e risanamento sotto la guida dell’ex top manager UniCredit Luigi Lovaglio, il Creval era effettivamente un obiettivo interessante: anche considerata una valutazione di Borsa molto conveniente. Una finestra che Giampiero Maioli, plenipotenziario dell’Agricole in Italia sulla tolda di Cariparma, ha deciso di varcare con decisione.



Con un investimento di poco più di 700 milioni, il Credit Agricole è così destinato a diventare il sesto gruppo bancario italiano (5% del mercato) grazie a una presenza Creval concentrata in Lombardia ma ramificata a livello nazionale. Sesto gruppo “almeno” per ora, si sussurrava già negli ambienti finanziari ieri. Non è infatti un mistero che il polo francese fosse stato sondato da BancoBpm per una possibile aggregazione: contatti benvisti da Tesoro e Bankitalia (ma anche dalla vigilanza Bce, guidata dall’italiano Andrea Enria) sempre assillati dalla necessità di creare appoggi per la definitiva messa in sicurezza di Mps.



La mossa di Credit Agricole su Creval non segna una deviazione centrifuga rispetto alla centralità del Monte: semmai ha l’effetto indiscusso di una sveglia per un risiko nazionale in cantiere da mesi, ma finora incapace di uno start effettivo. Non sorprende, quindi, che si stiano facendo più intensi i rumor di avvicinamento fra BancoBpm e Bper, quest’ultima reduce dall’acquisizione di centinaia di sportelli dall’Opa Intesa-Ubi. E a nessuno sfugge il ruolo preminente che verrebbe ad assumere Unipol in quella che sarebbe di nome la Super-Popolare italiana, pur essendo ormai quasi scomparsa la formula cooperativa dal sistema bancario italiano.



Proprio il Creval è stato a lungo un rappresentante di spicco della categoria: assieme alla dirimpettaia Popolare di Sondrio, l’unica residua “Pop coop”, grazie al percorso tortuoso della riforma Spa del 2015. Ma il proprio il balzo di Borsa della Sondrio, ieri, è sembrato una campana inequivocabile: per una trasformazione in Spa e un coinvolgimento del risiko italiano certamente negli auspici delle autorità creditizie.

Le grandi manovre sembrano comunque davvero iniziate: con baricentro (problematico) a Siena e con occhi puntati su UniCredit: il cui Ceo francese, Jean Pierre Mustier, ha finora resistito alle pressioni per un’intervento a Siena, forse in attesa di conoscere la disponibilità del Tesoro a sovvenzionare un salvataggio. Nel frattempo il riassetto finanziario nazionale torna a registrare un’operazione rilevante all’ombra della Francia: che ora conta sue due presenze di fascia alta nel sistema bancario nazionale (oltre all’Agricole, sbarcato in Italia trent’anni fa nell’Ambroveneto, c’è Bnp-Bnl). Rimane per ora al palo la presenza estera più storica nel settore creditizio retail italiano: Deutsche Bank Spa..