Non c’è nessun “nome e cognome” nella sezione della Considerazioni Finali riservata al sistema bancario. E se Ignazio Visco ha usato l’espressione “operazioni di aggregazione” lo ha fatto una sola volta, come opzione ultima per risolvere le crisi di “intermediari per la maggior parte di piccole dimensioni e con operatività tradizionale e debolezze strutturali”. Il nuovo risiko italiano –  in piena preparazione almeno stando alle cronache finanziarie e al fitto rumoreggiare della Borsa – è dunque rimasto fuori o quasi dal tradizionale commento annuale di via Nazionale ad ampio giro sull’economia italiana.

È certamente comprensibile la preoccupazione del Governatore di rispettare le prerogative consolidate della Bce sul terreno della supervisione dei gruppi bancari grandi e medi. Come sono in Italia UniCredit, Mps, Banco Bpm, Carige, Popolare Bari, i cognomi di cui si parla e scrive. Sono aggregazioni di livello europeo quella appena andata a segno fra Cariparma Credit Agricole e Creval e quella – abbozzata quasi in parallelo negli ultimi giorni – fra Bper e Popolare di Sondrio. Oltre alla vigilanza di Francoforte c’è sempre o quasi il mercato di mezzo: può sembrare per molti versi dovuta la distanza di braccio di un vigilante nazionale, che ancora all’inizio del secolo aveva l’ultima parola e spesso anche la prima su qualsiasi fusione o acquisizione bancaria in Italia. Il galateo istituzionale nella nuova architettura di vigilanza coerente con la finanza di mercato non sembra tuttavia spiegare del tutto lo “stand by” delle Considerazioni.

Quello che ha fatto con buona evidenza la differenza rispetto a un testo più “interventista” sul riassetto bancario è stato sicuramente il fatto che da tre mesi a palazzo Chigi siede il presidente emerito della Bce, Mario Draghi. Il braccio destro del quale al Mef è Daniele Franco, fino a febbraio Direttore generale della stessa Bankitalia. I dossier bancari – a cominciare da Mps – sono sul tavolo dell’ex Governatore: asceso in Bankitalia nel 2006 dopo “l’estate delle Opa” in Italia, per poi concepire in Europa l’Unione bancaria a valle del “whatever it takes” salva-euro.

È un Premier, Draghi, che quando un anno fa ha subito raccomandato all’Ue ciò che poi è diventato il Recovery Plan, ha immediatamente affermato la centralità del sistema bancario (ed è verosimile che l’approccio diverrà ora più visibile in Italia nello sviluppo del Pnrr). È quindi una fase in cui la “politica creditizia” sembra avere in partenza più ruolo rispetto alla “vigilanza”. A maggior ragione se lo snodo principale della stabilizzazione – il futuro di Mps – vede lo Stato impegnato direttamente come azionista di maggioranza a Siena (mentre l’Ue – significativamente – ha reso meno stringenti le scadenze per la riprivatizzazione).

Tutto questo notato, Visco ha comunque dedicato 5 pagine su 23 al sistema bancario nazionale. Con due raccomandazioni “Pnrr-oriented”. La prima: le banche italiane devono applicarsi come non mai al loro mestiere storico: valutare bene il credito delle imprese che lo richiedono. Faranno l’interesse proprio e dei loro azionisti, ma anche quello di un sistema-Paese che nei prossimi cinque anni dovrà conoscere in tempo reale e con precisione millimetrica dove la ripresa è in corso e dove invece permane la crisi; quali imprese sostenere e in che misura. Il secondo appello-sprone alle banche è invece quello di essere protagoniste della doppia transizione – digitale ed ecologica – che costituiva la direttrice strategica del NextGenerationUe anche prima del ciclone Covid.

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