Negli ultimi anni in Italia il processo di integrazione e consolidamento del sistema bancario ha compiuto diversi passi in avanti. Da fare ancora sembra resti creare il c.d. terzo polo dietro Intesa Sanpaolo e UniCredit ed è opinione prevalente degli operatori che tra gli attori coinvolti debbano esserci, tra gli altri, anche Bper, Carige, Pop. Sondrio e Banco Bpm. 



Parliamo intanto di Bper. Il 10 gennaio il Fondo interbancario di tutela dei depositi ha dato il via libera alla banca emiliana per la trattativa in esclusiva, affinché possa rilevare l’80% di Carige attualmente in mano allo stesso Fondo. Non è questa la maxi operazione che cambia il sistema bancario italiano, ma il proseguo del percorso di consolidamento e di crescita di Bper su linee esterne, già iniziato nel 2017 quando acquisì Carife, nel 2019 con l’integrazione di Unipol Banca e nel 2020 con l’acquisto dei 620 sportelli che l’Antitrust aveva imposto a Intesa San Paolo di cedere per mandare in porto l’integrazione con Ubi. Un’operazione conclusa lo scorso giugno, costata a Bper circa 644 milioni che l’ha portata a salire da 2,7 a 4 milioni di clienti e ad ampliare la propria rete territoriale in 19 regioni. 



Ora, come nel caso degli sportelli Ubi, si presenta una nuova opportunità per crescere ancora. Carige, come abbiamo visto in precedenti articoli, è una banca in sofferenza e un problema da risolvere il prima possibile per il Fondo Interbancario e il Mef. La proroga al 30 giugno delle DTA (Deferred Tax Assets), le agevolazioni fiscali che l’acquirente può utilizzare e che in questo caso valgono 340-380 milioni di euro utilizzabili in conto capitale, sono un dato che da solo può giustificare l’intera operazione. 

È partita così, da parte di Bper il via a una due diligence, una fase di verifica degli attivi e passivi di Carige per siglare l’offerta di acquisizione della banca genovese. Se l’operazione andrà in porto Bper si dimostra ancor di più una banca aggregatrice di realtà diverse, con Carige arriverebbe a 2.228 filiali in Italia, oltre 5 milioni di clienti e un attivo di 155 miliardi, una realtà che da banca popolare passa a diventare un player nazionale con un’interessante prospettiva di sistema in campo creditizio e assicurativo, perché in questo contesto gioca un ruolo non secondario Unipol per le implicazioni in campo bancassurance. 



Unipol è il primo azionista di Bper con il 20% e importante socio della Popolare di Sondrio e può giocare quindi un ruolo decisivo essendo presente nell’azionariato dei due istituti. La Pop. di Sondrio è stata l’ultima popolare a trasformarsi in Spa lo scorso 29 dicembre, una data storica per alcuni versi perché ha sancito, in un’ottica di modernizzazione del sistema finanziario italiano, la fine della forma cooperativa per gli Istituti con attivi superiori a 8 miliardi di euro (la riforma delle popolari voluta nel 2015 dal Governo Renzi) e si ritrova ora a essere una preda importante nel riassetto del sistema. 

Sulla Popolare di Sondrio, però, non è ancora emerso un percorso o un progetto aggregativo, così come per Banco Bpm, ma su queste due realtà bancarie dovrà necessariamente passare il c.d. terzo polo per colmare la distanza con Intesa e UniCredit. 

Questo in Italia: un processo di consolidamento nella quasi totalità di tipo “domestico” tra Istituti di una stessa nazione con gruppi e banche più o meno grandi con patrimoni solidi e profittevoli. È giunto anche il momento di guardare e andare ad aggregazioni oltre confine, avviare operazioni europee caldeggiate dalla Bce e quasi ferme dalla crisi del 2007. La limitata integrazione finanziaria dell’area euro e la mancanza ancora di un quadro normativo omogeneo, regole chiare e valide per tutti, sono però un ostacolo importante per gli operatori.

I singoli mercati e contesti nazionali – come si legge in una nota della Bce in un focus dedicato nel Financial Stability Review di novembre – sono disarticolati fra di loro. E seppur attraenti dal punto di vista della profittabilità e della stabilità, le fusioni a livello europeo sono frenate da fattori come la mancata condivisone dei rischi dei depositanti, la possibilità di uniformare la gestione del capitale e la provvista nei vari Paesi. Le poche operazioni hanno riguardato principalmente realtà bancarie e finanziarie di nazioni confinanti e simili per cultura, lingua e business. 

Le nostre due realtà più importanti, Intesa e UniCredit, ferme al momento sul fronte nazionale perché la prima ha già realizzato con Ubi e la seconda non lo ha fatto con Mps stanno comunque guardando al mercato europeo, dove in realtà sono già, ma è qui che si giocherà, a medio lungo termine, una partita importante per il loro futuro. 

UniCredit già ben presente nell’Europa orientale e in Germania con HvB sembra guardi ora all’Europa centrale e ancora al mercato tedesco che da anni è la prima economia europea. Commerzbank potrebbe essere la realtà a cui puntare, peraltro contesa anche dagli olandesi di Ing e da Deutsche. 

Intesa, meno radicata di UniCredit a livello continentale, si dimostra invece più interessata ad allargare la sua presenza a livello europeo acquisendo singoli rami di business come il wealth management della svizzera Julius Baer o settori ad alta specializzazione e remunerazione. 

A livello europeo i grandi player sono abbastanza identificabili: Bnp Paribas e Banco Santander hanno una capitalizzazione importante, quasi 80 e 55 miliardi di euro rispettivamente, cui seguono Ing, Intesa e Credit Agricole, già protagonista di alcune operazione in Italia con Creval, Cariparma, Carispezia solo per citare le ultime. 

In sostanza, le banche europee oltre ad affrontare il post-pandemia, si troveranno a competere con i grandi colossi globali e mentre le fusioni nazionali sembrano ben avviate, quelle transfrontaliere più grandi rimangono possibili, ma ancora sostanzialmente ferme. 

Il consolidamento del settore resta un tema chiave per il futuro. Il divario della capitalizzazione di mercato tra le più grandi banche dell’eurozona e le omologhe statunitensi (come JP Morgan che supera Bnp Paribas di 400 miliardi di dollari) rende evidente l’importanza delle aggregazioni europee.

— — — —

Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.

SOSTIENICI. DONA ORA CLICCANDO QUI