Ci ha pensato l’invasione dell’Ucraina a sconvolgere, fra molto altro, gli assetti del sistema bancario europeo: comprese le congetture dei mercati su future operazioni aggregative. Fra di esse era spiccata nelle ultime settimane in Italia anche l’ipotesi di offerta di UniCredit su BancoBpm.

Sembra però già passata un’eternità da quando i rumor di Borsa correvano su una valutazione record di UniCredit, superiore ai 16 euro. Venerdì il titolo era invece ricaduto a quota 12,6. Il gruppo guidato da Andrea Orcel opera da un ventennio in tutto l’Est europeo, con una presenza radicata in Russia (comune peraltro a Intesa Sanpaolo). Il contraccolpo è stato quindi naturale: e di magnitudine superiore a quello che aveva colpito duro il gruppo dopo la svolta autoritaria in Turchia. L’escalation finanziaria delle sanzioni occidentali promette intanto di non essere breve.



Su questo sfondo la Procura di Milano non ha rinunciato a metterci del suo – almeno in termini di coincidenza temporale – nel congelare l’ipotesi UniCredit-BancoBpm. Un nuovo filone d’indagine sul lunghissimo dissesto Mps ha portato sul registro degli indagati Massimo Tononi, presidente del Banco dopo aver ricoperto la stessa carica a Siena. Con lui la Procura ha messo sotto inchiesta anche il terzultimo amministratore delegato dell’epoca, Marco Morelli. Su di loro si sono estese in parte le ipotesi di reato che hanno condotto a una condanna in primo grado dei predecessori Alessandro Profumo e Fabrizio Viola: nessuna delle quali riguardava il dissesto in sé, ma la contabilizzazione dei derivati fatali al Monte.



Un caso – quello che sta tuttora interessando Profumo e Viola, in attesa del giudizio d’Appello –  che ha fatto scalpore quasi più in ambito giudiziario che finanziario. La Procura di Milano (allora guidata da Francesco Greco, specialista in reati finanziari) aveva infatti chiesto l’archiviazione  delle due posizioni. Gip e tribunale sono stati però di parere opposto, con un esito finale certamente poco atteso (Luca Palamara e Alessandro Sallusti nel loro ultimo “Lobby & Logge” citano il caso come esemplare della crisi della magistratura di rito ambrosiano).



Ora la Procura pare voler rilanciare in campo bancario la sua tradizione giustizialista in un momento delicatissimo: l’ufficio è infatti senza capo, dopo il pensionamento di Greco. Il Csm ha appena aperto il dossier in commissione certificando subito la difficoltà della selezione. A essa partecipano: il Procuratore generale di Firenze Marcello Viola (escluso in modo controverso dalla corsa per la Procura di Roma, alle origini del “caso Palamara”); Giuseppe Amato, Procuratore capo di Bologna; Maurizio Romanelli, attuale Procuratore aggiunto a Milano con la delega ai reati internazionali. Su quest’ultimo – nel trentennale di Mani Pulite – incombe una doppia sfida: quella di impedire l’arrivo al quarto piano del palazzaccio milanese di un “papa straniero”, per di più a rompere una lunga egemonia di Magistratura democratica.

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