Il video del morto nel bagno del pronto soccorso dell’ospedale Cardarelli di Napoli ha fatto il giro di tutta Italia, e anche all’estero. Immagine devastante di malasanità, è stata definita, suscitando polemiche e rabbia da parte del governatore della Campania De Luca. Ma la realtà, quello che sta succedendo è forse anche peggiore, come ci ha raccontato un medico internista di Napoli che ha preferito mantenere l’anonimato (e anche questo dice molto del clima che si vive nella sanità campana): “I pazienti ricoverati in questi giorni per Covid al pronto soccorso sono attaccati ai respiratori, può succedere che uno abbia bisogno di andare in bagno e si stacca dal ventilatore, cosa che può comportare una sincope e anche la morte”. Ci sta, come si sente dire, sono incidenti che possono accadere anche nel migliore degli ospedali al mondo, ma il video? “Ritengo con cognizione di causa che un video come quello sia stato girato da personale dell’ospedale stesso, infermieri o anche medici, come già accaduto nel famoso caso delle formiche sul paziente in terapia intensiva al San Giovanni Bosco: l’unica arma che hanno è mettere la verità sui social, è la protesta di chi si sente oberato di lavoro, di chi è costretto a lavorare in condizioni che hanno ben poco di umano e professionale. Il caso delle formiche dice tutto: nessun familiare può entrare in terapia intensiva, ci vanno solo gli infermieri, i medici ci entrano solo per dare la terapia e poi non si vedono più. Quel video è stato girato da un infermiere”. Tra vendette e una sanità inesistente a livello territoriale, si consuma così la tragedia del Covid-19 in Campania.



Durante la prima ondata la scorsa primavera la Campania era stata risparmiata, non è così adesso. Come è la situazione al momento?

Durante la prima ondata erano stati reclutati solo il Cotugno e in parte il Cardarelli. Adesso tutti i reparti di ogni ospedale sono stati convertiti in reparti Covid, bloccando i ricoveri ordinari dei cronici e gli ambulatoriali, tranne le patologie con carattere di urgenza. Tutti gli screening oncologici e i follow up oncologici sono rimandati. Addirittura i malati oncologici si devono pagare i prelievi.



Pagare di tasca propria? Come è possibile?

A parte alcune patologie con carattere di urgenza, spesso non c’è la possibilità di avere neanche la ricetta.

E come mai?

Un po’ perché la Campania raggiunge i tetti di spesa, un po’ perché col fatto che tutte le strutture sono state convertite a Covid, se non hai carattere di urgenza non ti viene dato niente. Mi è successo di ricevere chiamate di pazienti oncologici che mi dicono che il medico di base non gli prescrive la ricetta perché non rientra nelle patologie con carattere di urgenza: niente prescrizioni, anche per i casi di tumore alla mammella al quarto anno di follow up la paziente deve pagarsi i prelievi.



E’ vero, come si legge, che molti pazienti dalla Campania vanno nel Lazio a curarsi?

Sì è vero, ma anche in Lombardia. Una mia amica con tumore alla mammella va a fare le chemio all’Humanitas a Milano.

Per quanto riguarda il cambiamento da zona gialla a rossa, il governatore De Luca si è molto infuriato. Lei cosa ne pensa? E’ stata una scelta motivata?

Credo dipenda dagli indici di mortalità e anche dall’occupazione delle terapie intensive. Siamo in questa situazione: l’altra notte sono arrivati al Cardarelli più di cento persone al pronto soccorso, 50 a Pozzuoli, altri all’ospedale di Giugliano. Dal Cardarelli ci hanno chiamato disperati perché dovevamo prenderci quindici pazienti, non sapevano dove metterli.

I napoletani sembrano non aver gradito però, è così?

Il napoletano non obbedisce, interpreta. Se è zona gialla o arancione, stanno tutti fuori di casa; se è rossa, stanno comunque fuori ma un po’ di meno. Ancora ieri mattina, ad esempio, a Napoli c’era molto traffico.

Le misure prese dal governatore sono sufficienti?

Lo sono, ma mettono in difficoltà gli altri pazienti. De Luca ha convertito tutte le cliniche private, bloccando tutti i ricoveri ordinari tranne le oncologie per avere posti Covid ed evitare che al Cardarelli il pronto soccorso sia intasato e per far posto ai nuovi pazienti per poi spostarli nelle cliniche a media e bassa densità, ma non sono tutte cliniche di questo tipo, altre sono semplici case di cura.

La medicina territoriale funziona? De Luca ha detto che molti pazienti vengono curati a casa.

No, non funziona per niente, noi ospedalieri siamo disperati.

E’ un problema che c’era anche prima del Covid?

Sì e adesso ancor di più. Con l’alibi del Covid e del contagio, il medico di base non va a casa a curare i pazienti. Anche il 118 non si muove, valuta la saturazione, se non è sopra 92 non ti prendono. Per quanto riguarda il medico di base, non rispondono neanche al telefono e così le Asl. Ho avuto una sorella colpita dal Covid e l’ho curata io. Ho dovuto farle fare un tampone a pagamento a casa perché non veniva nessuno. Questo, devo dire,  succede anche nel Lazio. Gli anziani vengono abbandonati a casa per cui i familiari corrono al pronto soccorso e si crea questa fila di macchine che tutti hanno visto. Curiamo anziani positivi al Covid che sono stati a casa tanto tempo senza terapia, e allora si scatena la polmonite.

Cosa pensa sarebbe necessario fare per migliorare la situazione?

Prima di tutto conoscere il problema: i medici di base dovrebbero lavorare in gruppo, non solo mezza giornata, non essere lasciati da soli, dovrebbero fare telemedicina, avere degli assistenti, infermieri che vadano a casa dei pazienti. Non c’è nessuno che porta a casa le bombole di ossigeno e neanche gli antibiotici. Molti medici preferiscono così, dicono: perché devo lavorare di più?

(Paolo Vites)