Primo ad aver superato la soglia dei 3 miliardi di utile netto, primo ad aver aperto sedi e uffici operativi in Paesi al di fuori dell’Unione europea, primo ad aver conseguito la leadership mondiale nella classifica degli Esg Risk, primo ad aver emesso obbligazioni digitali e primo nel rilascio di bond in dollari.
Ancora: primo a firmare un accordo di garanzia con la Commissione di Bruxelles nell’ambito del progetto InvestEu e primo per quantità di risorse ricevute in gestione, primo per l’approvazione di politiche di finanziamento e investimento responsabili, primo nella definizione di linee strategiche.
Non basta: primo ad aver introdotto in azienda un programma di volontariato, primo ad aver ottenuto la certificazione sulla parità di genere e il riconoscimento di buone pratiche su diversità equità e inclusione, primo ad aver lanciato prodotti con premialità legata al raggiungimento di obiettivi di sostenibilità.
Infine, primo ad aver introdotto il monitoraggio sull’impatto delle azioni compiute. Nessuna meraviglia che sia anche il primo Amministratore delegato della Cassa depositi e prestiti, in tandem con il Presidente Giovanni Gorno Tempini, a essere confermato al termine del primo mandato triennale.
Si spiega così, meglio che in qualsiasi altro modo, la scelta del Governo Meloni e del suo Premier Giorgia di non cambiare il timoniere della più prestigiosa istituzione finanziaria del Paese. Un colosso controllato dal ministero dell’Economia in collaborazione con le principali fondazioni bancarie.
A Cdp riferiscono, direttamente o indirettamente, Poste, Eni, Terna, Snam, Italgas, Saipem, Ansaldo Energia, Fincantieri, Autostrade, Open Fiber. Da lei dipendono fondi d’investimento per la crescita delle imprese virtuose e non si contano le partecipazioni come quelle in Euronext, Tim, Webuild, Polo strategico nazionale.
E si tratta di un elenco approssimativo perché il perimetro dell’influenza della Cassa, che nel tempo ha visto ampliare la propria missione con i relativi strumenti, è molto più largo e non basterebbe queso articolo a descriverlo tutto volendo inserire anche le opere di sviluppo culturale promosse dalla Fondazione.
Ecco perché tanto interesse della politica, dei partiti, delle associazioni imprenditoriali e di quelle bancarie, dei giornali e delle televisioni per un soggetto che per sua stessa natura diventa del desiderio. Ma che, proprio per la vastità della sua azione e della complessità che ne deriva, ha bisogno di stare in mani sicure.
Scannapieco non frequenta salotti e non appartiene alla schiera degli amici degli amici, è di carattere riservato e si potrebbe definire timido, e ha maturato un’esperienza difficilmente pareggiabile in grandi organizzazioni nazionali e internazionali che lo mette al riparo da colpi di testa e facili errori.
Anche la partita delle quote rosa, l’ingresso di un numero minimo di donne nel Consiglio di amministrazione, che poteva diventare difficile da giocare per come si stavano mettendo le cose (le cronache sono piene di particolari) è stata alla fine vinta con tempismo, ragionevolezza e buona volontà.
Sono tante le sfide che devono essere ancora affrontate in Italia e all’estero. Poter affidarsi al contributo di un attore molto potente, attento alle esigenze del Paese senza perdere il controllo della buona gestione, è un patrimonio che è stato utile non disperdere per il bene di una comunità che vuole contare di più.
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