Al via i lavori del VI Plenum del Partito comunista cinese, in preparazione del Congresso del Partito che si terrà nel 2022. Se l’anno scorso i lavori erano stati dedicati all’economia, quest’anno a tema c’è un aspetto fondamentale per un paese retto da un regime comunista, cioè la lettura storica in chiave marxista. “Il contenuto del Plenum è già stato annunciato dai media controllati dal partito” ci ha detto in questa intervista Massimo Introvigne, sociologo, fondatore del Cesnur e del sito Bitter Winter.



In sostanza, ci ha spiegato Introvigne, “dopo i parziali errori di Mao e dopo l’apertura economica troppo accelerata di Deng Xiaoping, adesso Xi Jinping assumerà un ruolo per così dire messianico, con una leadership ancora più potente di quella del Grande Timoniere, e dove tutto si baserà su due concetti: obbedienza a lui e obbedienza al Comitato centrale del partito”.



Un Plenum dedicato a presentare una risoluzione sulla storia del Partito comunista cinese. Che valore ha?

Se il Plenum, come ormai è previsto, adotterà la terza risoluzione sulla storia del Partito, diventerà anche più importante del Congresso stesso.

In che senso?

Nel senso che ci sono state solo due risoluzioni in passato sull’interpretazione della storia della Cina comunista alla luce del materialismo storico. Queste risoluzioni diventano i documenti ufficiali che si studiano in ogni scuola di ordine e grado del paese.

Ci può dire quali sono le precedenti risoluzioni e su cosa si baserà questa terza?



Glissando su tutti gli altri protagonisti della vita cinese, vengono rappresentate ufficialmente solo tre fasi: quella rappresentata da Mao, quella di Deng Xiaoping e ora quella di Xi Jinping. E tutto questo seguendo la dialettica hegeliana ripresa da Marx.

Nel dettaglio?

Con Mao abbiamo un comunismo duro e puro, un trattamento shock necessario per il passaggio dalla Cina repubblicana a quella comunista. Con Deng abbiamo l’antitesi, cioè l’apertura al capitalismo, che peraltro ha comportato anche dei rischi in campo economico con la nascita di troppi super ricchi e dei rischi anche in campo sociale con una eccessiva libertà religiosa.

Con Xi Jinping?

Adesso abbiamo la sintesi, che chiude la dialettica hegeliana: con Xi Jinping si verifica la sintesi del buono di Mao e del buono delle riforme di Deng, trovando un punto di equilibrio. È una premessa molto alta quella di Xi Jinping, perché in questo modo la storia si chiude e tutti gli altri personaggi vengono in qualche modo eliminati. I cinesi dicono spesso che il loro sia il paese di Mao, di Deng e di Xi, la politica del capitalismo controllato dal partito non viene ripudiata in nessun modo, ma si dice che Mao aveva dei limiti, Deng era andato troppo in là, e quindi nell’ottica hegeliana, grazie a Xi, adesso è arrivato il momento della sintesi.

Cosa significa in concreto?

Significa che Xi Jinping diventa un personaggio ineludibile, non è più questione di termini massimi e minimi di presidenza. Anche se venissero messi dal congresso dei limiti temporali alla presidenza, Xi rimarrebbe comunque il Grande Timoniere. Diventa cioè una sorta di figura messianica. Questo processo non riguarda solo la Cina, perché l’unica forza che può salvare il mondo è il marxismo e il marxismo è fallito in Russia e nei paesi satelliti. Ma oggi chi salva il marxismo, e quindi il mondo, è la Cina.

Quindi la Cina si propone più che mai come paese leader del mondo?

Ci sono ancora alcuni commentatori occidentali molto ingenui che seguono la teoria di Nixon e Kissinger, secondo la quale tramite l’evoluzione economica il comunismo in Cina sarebbe caduto. Nel documento finale, invece, verrà riaffermato con forza il marxismo come unica spiegazione scientifica.

Anche davanti alla pandemia e alla crisi economica che colpisce la Cina, Xi Jinping resterà saldamente al potere?

La narrativa che verrà data ricomprenderà la pandemia, ma solo come esempio della superiorità del marxismo, in base all’assunto che la democrazia non può affrontarla. La Cina, dove chi va in piazza viene messo al muro, è l’unico paese che aspira al Covid zero, anche se perfino nel partito si agita un po’ di maretta.

A che proposito?

Alcuni media di Stato, controllati dal Partito, negli ultimi giorni hanno intervistato alcuni scienziati che criticano la strategia di Covid zero, perché con le varianti non è più sostenibile, anzi dicono che bisogna imparare a convivere con il virus senza chiudere tutto.

E Xi Jinping?

Xi Jinping è ancora saldamente al potere. Una delle proclamazioni che ci si attende al Plenum è quella dei due cosiddetti imperativi, che diventeranno obbedire a Xi e obbedire al Comitato centrale del Partito. L’obbedienza in Cina non è messa in discussione, è considerata il segreto della longevità del partito cinese. Il marxismo è un metodo per leggere la storia, la caduta dell’Unione Sovietica viene studiata a fondo, tutta la loro analisi è capire dove i russi hanno sbagliato e dove non devono sbagliare loro.

Documenti di questi giorni mostrano test di missili balistici nei deserti cinesi con bersaglio imitazioni di portaerei americane. L’aspetto militare è sempre fondamentale?

Certamente. In Cina c’è una corsa a colmare il gap che resta con gli Usa dal punto di vista militare. Sui versanti dell’economia e delle relazioni internazionali i cinesi sono convinti di aver superato gli Stati Uniti, grazie al lavoro che hanno fatto in Africa. Alle Nazioni Unite in qualunque scontro la Cina raccoglie la maggioranza, visto che lì ci si basa sul principio che uno vale uno, per cui il voto del Burkina Faso pesa come quello degli Stati Uniti. Non solo: nel Consiglio di sicurezza hanno il potere di veto e votano sempre insieme alla Russia. Sanno però benissimo di non essere la prima potenza militare. Stanno rafforzando gli armamenti anche integrando sempre di più, con manovre congiunte, l’esercito cinese e quello russo.

(Paolo Vites)

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